IN MORTE DI LINO, GRANDE MEDICO ITALIANO

I medici di cui parliamo a tutte le ore del giorno stanno quasi sempre in tv. Assieme agli chef che s’atteggiano, sono le nuove star del nostro modello civile. Poi però ci sono anche i medici come Lino Brumana, uno dei tanti medici sperduti nei territori più lontani e sconosciuti, lui in una piccola valle della Bergamasca, la Valle Imagna, dove il tempo un po’ si è fermato e ancora il turismo dei Briatore non ha piantato le tende.

Se n’è andato a 69 anni, nel pieno degli anni e della sua missione. Ha sofferto due lunghi mesi per un perfido aneurisma improvviso e per le dannate complicazioni a seguire. Alla fine il Signore se l’è preso, confermando che è un Signore un po’ viziato e schizzinoso, perchè ha sempre fretta di prelevare i migliori.

C’è tutta una valle che adesso piange. Nemmeno una lacrima di circostanza, tutte lacrime pesanti come oceani. Lacrime che scendono direttamente dall’affetto e dalla gratitudine. La sua gente lo chiamava Lino. Era per tutti un rispettoso e rispettabile amico, prima ancora d’essere medico bravissimo.

Se mi decido a raccontare in poche righe la sua storia, è perchè in fondo lo sento come un dovere civico, oltre che umano e sentimentale. Negli anni furibondi del Covid, soprattutto da queste parti, la grancassa ha concesso qualche frattaglia di attenzione e di riconoscimento agli oscuri guerrieri della sanità, soldati in prima linea contro il mostruoso avversario, nelle corsie più sperdute, nelle Rsa più anonime, nei villaggi e nelle contrade più sconosciuti. Questo nella fase del terrore, salvo poi virare velocemente sulla medicina Vip, con la sfilata perenne dei virologi d’alta gamma a favore di telecamera.

I medici come Lino Brumana erano lassù, a mille metri, imperturbabili e inaffondabili come sempre. In questi mesi terrificanti, Lino non ha mai saltato un giorno, continuando le sue battaglie come ha sempre fatto negli ultimi quarant’anni: avanti e indietro, su e giù, in lungo e in largo, cercando di difendere la sua gente sparsa nelle diverse contrade, da Valsecca a Roncola, passando dall’avita Costa Imagna. Nessuno ha mai contabilizzato il chilometraggio della sua vita automobilistica, men che meno lui. Ma certo Lino era un medico nomade, uno di quei medici come non ce ne sono più, o come ce ne sono sempre meno. Un medico che ancora oggi andava nelle case e anche nei rustici più scomodi, là dove il malato chiamava in preda al dolore e al panico: Lino non chiedeva, Lino rispondeva al telefono sempre acceso, Lino andava. Prima di auscultare, Lino ascoltava.

Ultimamente era anch’egli vittima della penuria di medici condotti che flagella la sanità pubblica italiana, là dove si ciancia e si blatera di eccellenze: gli avevano aggiunto cinquecento pazienti, sparsi per la Valle, ma non aveva fatto una piega. Meglio: esprimeva la preoccupazione per come l’Italia sta lasciando andare la medicina di base, la prima medicina, ma tenacemente stava al suo posto e accettava la sfida sempre più estrema. Una volta, davanti a un caffè verso sera, mi disse la cosa più semplice e più alta: “Inutile lamentarci. La mia felicità è quando prima di spegnere la luce, nel silenzio della notte, sento di aver fatto il mio dovere. Non c’è prezzo che valga quella sensazione”.

Racconto la tua storia, grande e valoroso Lino, perchè è una storia italiana che ha tutta la dignità per essere conosciuta ovunque, magari anche in quell’altra Italia che si appassiona ai reali inglesi e all’eredità della Lollo, alla finale di “Amici” e alla lista di Amadeus. Bisognerebbe sapersi appassionare e commuovere ancora per gli italiani come te, questa la verità. Bisognerebbe capire, discernere, pesare il senso delle cose e della vita. Lassù, nella tua valle, in tanti ancora ci riescono. In giro per il Paese, non so. Salvo poi berciare per la sanità sbrindellata e per le cimici al Pronto soccorso. Stiamo tutta la vita appresso al principe Harry, poi quando ci succede un attacco d’appendicite e finiamo in corsia diamo di testa per lo scandaloso trattamento.

Lino era dell’altra Italia, bandiera dell’Italia che sta al suo posto, compie il proprio dovere, ci mette il cuore e la passione. L’Italia che ancora tiene in piedi l’Italia. E mentre questi fenomeni fanno di tutto per mandarci a ingrassare le cliniche private, picconando la valorosa sanità di paese e di quartiere, quelli come Lino continuano imperterriti a resistere. Fino a quando non si sa. Di certo, senza Lino sarà un po’ più dura.

E poi c’è il resto. C’è l’uomo che era Lino. Un uomo che leggeva cinque giornali al giorno, che leggeva un sacco di libri, che era affascinato e turbato dai misteri dell’universo, che ascoltava musica classica, che si allontanava nei suoi boschi per fotografare il creato, che si dava da fare come presidente della Pro Loco per tenere vivo il suo paese, organizzando castagnate e concerti jazz, mostre d’arte e serate danzanti. Era colto e semplice. Viveva dei suoi ideali, dei suoi malati, tenendosi stretto l’amore di una vita, la sua Vanna, fidanzatina della prima giovinezza e moglie inseparabile nel per sempre.

In questi ultimi anni abbiamo letto biografie d’ogni genere, dai Pregliasco ai Locatelli, dai Bassetti ai Galli, abituandoci al nuovo jet-set della medicina italiana. Posso e voglio testimoniare, devo testimoniare, che anche la storia di Lino Brumana, e degli altri medici come lui, avrebbe tutto per stare nei nostri pensieri migliori.

Il medico Lino Brumana, gloria e orgoglio d’Italia, adesso riposa nel piccolo cimitero di montagna, tra i boschi e i pascoli che ha amato. Nel silenzio della valle, sotto la volta celeste, giace sereno un uomo giusto.

10 pensieri su “IN MORTE DI LINO, GRANDE MEDICO ITALIANO

  1. Manuela Frosio dice:

    I miei genitori anziani facevano parte di quei cinquecento pazienti aggiunti a Lino a causa della penuria di medici. Io l’ho conosciuto così e da subito ho sentito che avevo di fronte un medico di cui aver piena fiducia. Era un punto di riferimento importante e essenziale nel caso di bisogno. E questa consapevolezza aveva un valore inestimabile.
    Egli ha dato valore alla sua vita proprio prendendosi cura degli altri. Grazie Lino!

  2. Adriano dice:

    Mi chiamo Adriano, abito ad Almenno San Bartolomeo e ho lavorato per 40anni nei reparti di psichiatria tra l’ospedale di Borgo Palazzo, 130 e i Riuniti di Bergamo, sia quando lavoravo ma soprattutto da pensionato seguo pazienti con problemi mentali in lungo e in largo in valle Imagna. Spesso ho avuto bisogno del Dottor Lino sia di giorno che di notte, vuoi x un T.S.O.o un A.S.O o una prescrizione farmacologia o una visita x salute fisica, lui c’era sempre, medici come lui, purtroppo ce ne sono pochi ma ce ne sono e quei pochi teniamoceli stretti, medici che come Lino ci sono in qualsiasi ora del giorno rispondendo immediatamente allo squillo del telefono senza lasciarlo suonare a vuoto .Lino mancherai a tutta la nostra valle e non solo, sicuramente dove sei ora continuerai instancabilmente, come sempre il tuo amato lavoro, buon viaggio Dott Lino

  3. Fausto dice:

    È stato veramente un grande dottore, non di quelli che ti fanno la ricetta e poi chi s’è visto s’è visto.
    No lui i suoi malati li seguiva tutti i giorni, al mattino presto faceva il giro di controllo presso le case dei suoi ammalati prestando tutte le cure necessarie.
    Credo che oggigiorno ne siano rimasti pochi di dottori come lui che svolgeva la sua professione non come un lavoro ma come una missione
    Grazie Dott.per tutto quello che hai fatto per tutti noi con abnegazione in ogni momento della giornata e della notte se necessario
    Rimarrai sempre nel nostro cuore
    Fausto e Gianna

  4. Matteo Taboni dice:

    Bellissima e veritiera fotografia di una persona Eccezionale, Appassionata, Competente, Sensibile e Pragmatica, salivo a Costa per periodi di vacanza e finche’ non lo incontravo non mi sentivo arrivato. Manchera’, Molto.

    • Florena dice:

      Come ha detto oggi una signora alla veglia,tanta gente ed anche io stessa,pensavamo al nostro super Dottore Lino come ad una figura immortale e invicibile,che ci avrebbe accompagnati ed assistiti ancora per tanti e tanti anni..
      Ora invece,ci troviamo spaesati,increduli con un vuoto nell’anima incolmabile.
      È solo un arrivederci magari,chissà.

  5. Salvi Virginia dice:

    Mi scuso solo oggi apprendo di questo medico.purtroppo durante la pandemia Marzo 2020 sono una di quelli che hanno avuto il covid assieme a mio marito. Io un mese di terapia intensiva mio marito dopo cinque giorni non ce L ha fatta .sono anch io una valdimagnina so cosa succedeva in valle.purtroppo del periodo della terapia intensiva non ho nessun ricordo ero ricoverata a San Giovanni Bianco.ma non smetterò mai di ringraziare quei medici e infermieri che vestiti come astronauti davano anima e corpo per i malati e se fra questi c era anche il vostro dott.Brumana tanto onore e riconoscenza .un infinito grazie e una preghiera.

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