Analisi non nuova e anzi onnipresente da mesi a questa parte, ma forse fin da subito, quasi fosse la disgrazia giusta al momento giusto. Pare che ogni follia, ogni reato, ogni iniziativa criminosa dei nostri adolescenti sia da attribuire al Covid e all’incomprensione che noi adulti mostriamo per gli effetti che ha generato.
Gli stupri, le rapine, il bullismo e poi i pallini contro gli insegnanti fino alle opere d’arte e agli edifici imbrattati, tutto figlio del Covid e tutto quanto sintomo di una generazione inascoltata e del cui futuro a nessuno importa.
Scrive Veltroni: “La privazione di ogni forma di socializzazione, il rinculare nella dimensione familiare e domestica proprio nel tempo biologico del vitale distacco da essa, la rinuncia obbligata al rapporto con gli altri, alle feste, ai baci, alle partite di calcio, al cinema e alle feste di compleanno…la scuola ridotta a una esperienza individuale, privata della dimensione di incontro, di scambio, relazione. Come si poteva pensare che tutto questo non avesse conseguenze sulla vita di ragazzi ai quali sono stati sottratti quei momenti irripetibili della vita che, tutti lo sappiamo, sono racchiusi in quel fazzoletto di anni della vita di ciascuno?”
Probabilmente è così, a nessuno importa del futuro dei nostri adolescenti, dei nostri giovani, ma non saranno queste parole da omelia rafferma e retorica a cambiare le cose. Non sarà una carezza a cambiare le cose, piuttosto una sferzata da parte degli adulti e un urlo che parte dai migliori di questa generazione che sprona a prendere in mano il futuro, a deciderlo, che sprona in sostanza a voler essere migliori di chi è venuto prima.
Non è altro che la storia del mondo. Veniamo dai giorni della memoria, chi ricorda i giovani e giovanissimi che hanno vissuto sulla propria pelle la follia e la devastazione materiale, spirituale, sentimentale della seconda guerra mondiale? Giovani e giovanissimi che certo non potevano essere fieri della propria e tantomeno delle generazioni che li avevano preceduti, fare una guerra non può mai essere un vanto, ma a quell’orrore reagirono con le maniche rimboccate e ricostruirono letteralmente un Paese distrutto, ricostruirono le case, le menti e i cuori. La memoria è anche questo, sapere che si può insorgere ma soprattutto si può fare, magari in silenzio.
Le vernici sulle tele e sugli edifici, per dire, sono mugugni di bambini viziati che dovremmo invece spronare a fare, che dovremmo spronare e dovrebbero spronarsi a modificare stili di vita consolidati, se davvero vogliono mostrarci coerenza.
Il mondo virtuale e il mondo consumistico all’estremo, nel quale tutti ci troviamo, è un mondo che i nostri giovani hanno abbracciato e fatto proprio senza resistenza. Molto prima del Covid. Se non ne sono i creatori, ne sono i divulgatori e sostenitori. Influencer non pagati ma paganti che fanno prosperare questo modo e questo mondo.
E poi, si può dire che c’è una assuefazione all’opulenza che non ammette ormai alternativa?
Un bel calderone, non c’è che dire, ma se esiste una via per opporsi al “consumarsi inascoltato dell’ultima generazione”, sempre per citare Veltroni, è un appello proprio alla generazione stessa, non a quelle ormai sul viale del tramonto: a fare più che a protestare, a protestare ma poi soprattutto a fare.
In fondo la sfida di sempre, la sfida dei migliori lanciata a tutti gli altri, almeno finché l’ideale non si dissolve. Poi, come da copione, arriverà padre Walter a dispensare carezze.