IN LABORATORIO SI GIOCA A DIO

Desta scalpore e pone alcuni interrogativi la vicenda della conduttrice televisiva spagnola Ana Obregon, molto nota non solo nel suo Paese. Dopo essere stata fotografata all’uscita da una clinica di Miami da una rivista spagnola, ha reso pubblica, sui social, la notizia di essere divenuta madre a 68 anni e che il padre biologico sarebbe il proprio figlio Aless, scomparso circa tre anni fa ad appena 27 anni per una patologia oncologica. La bambina è nata negli Stati Uniti grazie alla maternità surrogata, il cosiddetto “utero in affitto”, pratica vietata in Spagna, e la Obregon ha spiegato che la sua scelta è legata all’amore per il figlio in quanto, rammaricata per non essere riuscita ad aiutarlo a sconfiggere il cancro, ha in questo modo realizzato il suo ultimo e più grande desiderio: diventare padre.

E così, dal punto di vista legale, è la madre di una bambina che, in effetti, pare che sia anche sua nipote.

Ma davvero in nome dell’amore possiamo fare tutto? E quanto c’entra invece l’amore per se stessi, visto che l’attrice ha dichiarato anche che ora non si sentirà più sola e la neonata le restituisce la gioia di vivere?

Dopo le reazioni scatenate dalla notizia, spesso molto critiche nei suoi confronti, si è appreso che la Obregon in realtà è colei che ha deciso e attivato la procedura della maternità surrogata, ma non ha portato avanti personalmente la gravidanza, “limitandosi” a scegliere la donna che ha fornito l’ovulo fecondato e la gestante (non è chiaro se si tratti della stessa donna o di due). Afferma che in futuro non nasconderà la verità alla bambina, dicendole che il padre è in cielo e non desiderava altro che amarla mentre la madre è una donatrice.

I progressi tecnologici e, in particolare, della medicina ci porranno questioni etiche sempre più complesse e sfide che l’umanità per la prima volta deve affrontare. Potremo scegliere non solo il sesso, ma anche altre caratteristiche genetiche importanti dei nostri figli; potremmo posticipare anche di molti anni la scelta di diventare genitori, e chissà quanto altro sarà possibile, che ora manco immaginiamo…

Suppongo almeno che la Obregon si sia chiesta come sia la vita con una madre di 68 anni, sia pur benestante e in ottima forma. Anche dal punto di vista psichico, mi pare pesante il fardello di una figlia che ha il compito di realizzare il desiderio di un padre che non conoscerà mai. Non è infrequente in una famiglia la nascita di una nuova vita per aiutare ad elaborare un lutto, ma mai con queste modalità.

A me ciò che infastidisce più di tutto è la scelta di rendere nota una simile avventura, proposta come dettata unicamente dall’amore, ma che, dal mio modesto punto di vista, doveva quanto meno rimanere strettamente privata.

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