IMMAGINARE IL FERRAGOSTO DELLE DONNE AFGHANE

Il 15 di agosto, il giorno che per antonomasia vuole tutti sdraiati e nullafacenti. Chi può naturalmente, chi ha un lavoro che non debba garantire presenza e reperibilità e sarebbe bene ricordarlo in occasione di ogni intoccabile festività. Ad ogni modo Ferragosto, il giorno in cui non sono previsti scossoni e rotture di scatole, sempre che la storia e il destino non ci mettano mano e a volte ci mettono mano eccome.

Non che da quelle parti sia un giorno di festa o con un significato particolare, ma giusto due anni fa, il 15 di agosto 2021, i talebani completavano la presa del potere in Afghanistan, entrando in Kabul, grazie al tappeto percorso in uscita dagli americani e lasciato poi steso per la più comoda delle incursioni.

Da quel giorno ufficialmente niente è più stato come prima laggiù, l’integralismo ottuso che accomuna l’Afghanistan con il vicino Iran ha spazzato ogni possibile libertà e iniziativa, per le donne innanzitutto, che improvvisamente hanno visto il loro orizzonte oscurarsi, minaccioso e repressivo.

Non c’è nulla di male e non c’è nulla di sbagliato nel nostro Ferragosto svogliato e festante, ma ricordarci quello che è avvenuto in quelle terre e le conseguenze che ne sono scaturite non turberà troppo il nostro relax ed è giusto ricordare che sono conseguenze drammatiche e violente che non hanno tregua e persistono, ogni giorno, ogni ora, senza interruzione.

Oggi le donne in Afghanistan non possono accedere all’istruzione di secondo grado e tantomeno all’università, né come studentesse né come insegnanti, non possono fare sport, non possono tenere il viso scoperto, non possono viaggiare da sole, non possono fare lavori fuori casa, non possono vestirsi come credono, non possono usare cosmetici, non possono ridere ad alta voce, non possono partecipare a programmi televisivi o radiofonici o eventi pubblici in genere, non possono incontrarsi con intento ricreativo, non possono essere fotografate o filmate.

Queste sono solo alcune delle restrizioni, ve ne sono altre esclusive per le donne e altre ancora per tutti: non è possibile ascoltare e fare musica, vietato internet, l’abbigliamento deve seguire i precetti, sono vietati giochi considerati non islamici, ad esempio far volare aquiloni, chi viene sorpreso con libri proibiti viene punito con la morte e così chi si converte ad un’altra religione. E poi ancora e ancora.

No, non c’è davvero nulla di male nel nostro Ferragosto rilassante e scanzonato, ma non dimenticare quel che accade qualche migliaia di chilometri a est è un atto di civiltà. Anche e soprattutto, a proposito di civiltà, nei giorni in cui i sindaci delle nostre località storiche sono tutti impegnati a fare a gara per proporre le loro città come candidate per lo scontro gladiatorio dei due cybermocciosi d’oltreoceano, che nemmeno voglio nominare. Roba di cui nemmeno un umorista di quart’ordine avremmo creduto capace.

Non possiamo fare nulla forse, direttamente almeno, per cambiare le cose in Afghanistan e in Iran, ma possiamo non dimenticare e provare a ricordare a chi ci rappresenta che nemmeno loro dovrebbero mai dimenticare e trovare invece il modo di comunicare costantemente a gran voce la propria disapprovazione.

Sempre per civiltà, se un poco ne è rimasta.

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