IL VERO REATO DELLA SANTANCHE’ E’ ESSERE MINISTRA

Esultanza in zona Twiga e Billionaire perchè il Parlamento ha respinto la mozione di sfiducia contro la ministra Daniela Santanchè. Vince il garantismo, i disastri contabili della Santanchè imprenditrice sono ancora tutti da provare, il rinvio a giudizio ancora non c’è, dunque fermiamo subito la deriva forcaiola e lasciamola al suo posto.

Messa così, è anche una soluzione nobile: non è giusto, in linea teorica, che una persona paghi preventivamente per colpe che non le sono ancora attribuite con sentenza. E pazienza se il suo contenzioso è contro il fisco e lo Stato, quello stesso Stato che la Santanchè rappresenta ai massimi livelli come ministro. Niente, il centrodestra vota compatto e la signora di tutti i salotti, la fedele amica di La Russa e Briatore, può festeggiare a modo suo, il modo da vera signora che ha sfoderato in questi giorni, sono serena, ma cosa vogliono questi, a dimettermi non ci penso proprio, sono solo vittima di una persecuzione giudiziaria (nuova questa).

Fine della messinscena. Certo, una ridicola messinscena, perchè soltanto un idiota poteva davvero pensare che il Parlamento, a maggioranza centrodestra, potesse votare contro la Santanchè. Ma prima e dopo la messinscena, una sola cosa resta in piedi: per quanto adesso faccia la tracotante, la ministra Santanchè dovrebbe capire – lei o chi per lei, ad esempio la Meloni – che dal governo dovrebbe andarsene non per quanto ha fatto nelle sue aziende, ma per quanto ha dimostrato di valere al governo. Via, diciamola apertamente, una volta per tutte: soltanto in un luogo di fantasia – tanta fantasia – si può davvero pensare che la sciura Santanchè possa rivestire ruoli decisivi di governo. Vediamola, senza farci influenzare dalle battaglie giudiziarie, questa ministra della Repubblica, a capo di un settore vitale della nostra vita economica, il famoso petrolio d’Italia, quel turismo bombola d’ossigeno per le nostre casse boccheggianti: io non voglio farla tanto lunga, la prima cosa che mi viene in mente è la memorabile campagna di marketing “Open to meraviglia”, col faccino di una Ferragni a esprimere tutto il meglio del Paese.

Dopo un mese il sito che avrebbe dovuto abilmente tenere in piedi la grande mossa promozionale era già morto stecchito, dopo due mesi di “Open to meraviglia” ridevano tutti, dopo tre mesi lo usavamo come barzelletta. Dopo quattro nessuno più ricordava l’esistenza di una simile fesseria. E figuriamoci se quella minestrina della Schlein si è mai sognata di chiedere conto.

Questo a livello globale, come strategia generale. Non parliamo poi delle questioni più teniche, tipo le nomine del famigerato Enit, l’Ente del nostro turismo, che persino la Meloni in persona si è sentita in dovere di prendere in esame, stabilendo investiture sue, perchè quelle della Santanchè proprio non le andavano giù.

Eccetera, eccetera. Non saranno ricordati dai pronipoti i Sangiuliano e le Casellati, decisamente no, eppure anche dentro questi confronti la Santanchè riesce a essere la peggiore. La peggiore a mani basse di un governo che pure ha i Lollobrigida.

E allora? E allora si capisce come la votazione contro la sfiducia, in fondo, sia un passaggio secondario. Anche se la Santanchè si sentirà ancora più forte e inamovibile, con lei i suoi cortigiani, nessuna votazione e nessuna mozione potranno mai cancellare l’unica verità davvero pesante: la Santanchè non deve essere cacciata per i suoi eventuali maneggi aziendali, ma semplicemente perchè è la Santanchè. Come padrona di casa al Twiga magari è un drago, ma come ministro del Turismo è a dir poco inadatta. Il nostro turismo – il nostro Paese – è meglio di come lei lo rappresenta. Anche se ci vuole poco.

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