(RI)EDUCARE I GENITORI AL CAMPO SPORTIVO

Ci sono arrivati, finalmente. Eppure non sembrava difficile: il calcio, le buone maniere, insegnate ai genitori oltre che ai giovani. Era ora.

Conosco bene la questione, non solo grazie a una lunghissima frequentazione degli impianti sportivi, ma purtroppo anche perché ci ho “perso” una sorella: lei pensava che il figlio fosse Mbappé e in effetti era bravino, non però da andare al Milan a 8 anni, al Real Madrid a 10 e in Nazionale a 12 come lei avrebbe preteso. Così, dopo aver visto solo due partite del mio nipotino, smisi di andarci: lei insultava l’arbitro, gli avversari, persino i compagni di squadra del ragazzino se non facevano la cosa giusta. Discussioni con l’allenatore, con i dirigenti… No, grazie cara, sto a casa. Buona fortuna. Fine delle comunicazioni.

E’ iniziato il progetto “A lezione di fair play” del Riccione Calcio, che punta sulla “Scuola genitori sportivi”. Con intenti nobili, nobilissimi, semplici da individuare a monte: fare squadra con i genitori, fare sì che siano alleati degli istruttori e degli altri calciatori in erba, prevenendo “tutte le forme di prevaricazione, le ‘invasioni di campo’, le esagerazioni che qualche volta sfociano persino nella violenza”. Con il patrocinio del Comune e della Federazione dell’Emilia Romagna, sarà sviluppata un’indagine sulle aspettative dei genitori rispetto allo sport dei figli: il programma prevede quattro incontri formativi e un evento finale. Vanno anche oltre, questi arditi romagnoli: si spingeranno persino al di là dell’insegnamento, dentro il rettangolo di gioco, occupandosi di un ambiente simbolicamente (ma neanche tanto) ripulito dall’inquinamento di ansia, stress, aspettative, urla, tensioni, pressioni. Una condivisione, insomma.

La parrocchia riccionese “San Martino” ha dedicato all’iniziativa un’ironica mostra di vignette divertenti (firmate Matteo De Monte) che raffigurano genitori-allenatori, genitori-ultras, genitori-arbitro, eccetera. Partner della scuola del club sarà l’Associazione Nazionale Pedagogisti.

E’ il momento di smantellare quell’assurdo, cinico dogma secondo cui la squadra migliore da allenare è quella degli orfani. Dice Francesco Cesarini, del Riccione Calcio: “Una frase assurda che viene spesso usata anche dalle società, come se fosse una specie di alibi. Le responsabilità vanno divise e condivise tra dirigenti, allenatori e genitori, tra gli adulti insomma. Ognuno deve fare la sua parte e bisogna farlo insieme. Quando dico insieme, intendo anche i ragazzi…”.

Alcune federazioni europee sono state più drastiche, in tempi diversi: hanno introdotto – e mantengono – il divieto ai non tesserati di assistere alle gare dove sono impegnati adolescenti fino ai 12 anni. Riccione rilancia il “dentro o fuori”, o con noi o state a casa. Era ora, dicevo, e ho aggiunto anche come non sembrasse difficile. In realtà, è più complicato di come sembra, perché non dovrebbe nemmeno accadere che sia qualcun altro ad insegnare ai genitori come comportarsi con i propri figli: tra lo sport e la scuola (per esempio) il salto non è così lungo, nel senso che – come sapete – molti papà e molte mamme se la prendono sempre con maestre o professori, piuttosto che con il loro pargolo fenomeno. Un po’ come nel calcio, appunto.

Riccione ha aperto le danze. Con coraggio. Quel coraggio che adesso dovranno avere madri e padri nel non cadere lungo un percorso disseminato di trappole.

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