IL VERO CAPOLAVORO DI MANCINI? RENDERE GRAVINA UN GIGANTE

Dunque, c’era di mezzo uno straccio di amor proprio: i fidi collaboratori esautorati, la delusione per i risultati e la poca fiducia della Federazione, la stanchezza. Dunque, c’era qualche satanello che gli pungeva le orecchie col forcone, con la forcina. Temi di facciata. Ma a dare la spallata, a fargli decidere di mollare la baracca azzurra, a spazzare via dubbi e tentennamenti sul presente e sul futuro alla guida dell’Italia del pallone, sono stati gli Emirati Arabi che a Roberto Mancini hanno affidato la loro, di Nazionale. Un contrattino da 30 milioni l’anno per 3 anni, totale 90 milioni, soltanto 10 volte più ricco di quello nostrano.
Avrà dato le dimissioni con la grande tristezza che ci ha raccontato, avrà interrotto il suo lavoro con tutta l’amarezza che ci ha esternato, epperò si è lanciato con un paracadute d’oro che ha omesso, che si è dimenticato di dire. No, pardon, un inciso glielo aveva dedicato (“L’Arabia non c’entra niente”), ma era passato quasi sotto silenzio.

Come biasimarlo? Oltre alla montagna di soldi, dei quali persino la moglie s’era scordata nei suoi sms, avrà un ulteriore ghiotto vantaggio: non dovrà aspettare la scadenza del contratto prima che la Federazione di emiri e sceicchi naturalizzi tutti i calciatori del pianeta, così che la loro rappresentativa diventi una specie di “Resto del mondo” in cui potranno giocare Mbappè, Messi, Ronaldo, Barella e Tonali per lenire le nostalgiche ferite del Mancio. Sarà la Nazionale di tutti, sarà la Nazionale globale per cui tutti, nel mondo, faremo il tifo. Gli arabi infatti possono, tutto: cancellare dubbi e malinconie, comprare speranza e futuro, regalare gioia al C.T. più triste della terra. Una gioia evidentemente improvvisa, una sorpresa, una manna inattesa.
Oltre alle balle del deamicisiano fasullo Mancini, una cosa su tutte fa decisamente più rabbia: è riuscito a trasformare Gravina, il presidente della FIGC, in una vittima, elevando la sua mediocrità a una grandezza. Non ci meritavamo niente di tutto questo.
Mancini ci lascia in eredità un grande allenatore, Luciano Spalletti, e un piccolo presidente, che godrà di questi frutti. È questo l’aspetto imperdonabile di una vicenda squallida.

2 pensieri su “IL VERO CAPOLAVORO DI MANCINI? RENDERE GRAVINA UN GIGANTE

  1. Marilena Tarabbio dice:

    Analisi condivisibile in toto. Miserie di questo povero Paese. Chioso: tutti consapevoli della pochezza del “piccolo uomo “ ora divenuto “gigante”, perché nessuno cerca di metterlo da parte

  2. Marco dice:

    C è poco da commentare. Questa vicenda rappresenta lo specchio dell’Italia e di tutto quello che succede a tutti i livelli, in tutte le amministrazioni pubbliche, in tutte le sedi istituzionali, in tutti i raggruppamenti politici. Povera Italia. Oramai è senza speranza. E la feccia politica di qualsiasi partito richiama il popolo che non va più a votare e principalmente non fa più figli.

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