IL TIFO NAZIONALISTA CHE SPACCA LE MULTINAZIONALI

di GHERARDO MAGRI – Le multinazionali sono un terreno fertile per il tifo aziendale incrociato e gli sfottò durante i campionati di calcio, europei o mondiali che siano.

Non c’è nessun altro sport che accenda così tanto la competizione, sempre presente sottotraccia nei meeting internazionali. Non manca mai l’occasione per punzecchiarsi sui fatti sportivi, oltre che su quelli di costume o di politica. Esattamente come nelle barzellette.

Nel mio caso, trattasi di un gruppo tedesco affermato: i confronti Italia-Germania si sprecano. Mi ricordo di essere andato avanti per anni a sostenere l’imbattibilità della nostra nazionale durata ben 17 anni, ogni volta che i discorsi seri di business si facevano complicati e non avevo più argomenti da portare. Reazione adolescenziale, ma che reggeva sempre. Siamo stati (e tutto sommato ancora oggi) la loro bestia nera.

L’anno degli europei di Prandelli sono nel bel mezzo di una riunione importante a San Pietroburgo e l’attenzione è tutta per la semifinale Italia-Germania della sera. C’è una tensione nell’aria e tutti i colleghi fanno i propri pronostici su un “pizzino” di carta che ancora conservo. Ci salutiamo all’aeroporto con pacche sulla spalle e auguri a mo’ di sottinteso malocchio. Rientro con il volo su Milano e faccio appena in tempo a catapultarmi in Piazza Duomo a godermi quella vittoria indimenticabile: 2-1 con i gol stupendi di SuperMario Balotelli. La notte stessa scrivo una mail semi-professionale a un bel po’ di colleghi teutonici (compresi i capi), facendo il punto della situazione. Conosco la mentalità e decido di usare un mix di obiettività e di tifo paludato, da espressioni composte. La sorpresa più inaspettata arriva alla mattina presto: una valanga di complimenti sinceri, anche dai tipi più arcigni, con tanto di analisi della partita. Quanto siamo diversi noi e i crucchi, io avrei avuto solo insulti per loro! Mi hanno dato una lezione di stile.

Da non confondersi con la spocchia, che da quelle parti abbonda in quantità. Prova del nove? La loro vittoria mondiale di due anni dopo. Il giorno seguente (ahhhhh) sono proprio in Germania per un meeting e mi devo sorbire una lezione di calcio dai vincitori. Sono stupito nel vedere un perfetto aplomb mitteleuropeo e uno stretto controllo sulle emozioni. Lavorano come niente fosse. Mi prendo una piccola quanto inutile rivincita nel dirgli con freddezza “benvenuti nel club delle 4 stelle”, casomai si dimenticassero del nostro blasone.

Questo giro, per me, è diverso. La pandemia col suo isolamento non ha permesso di creare la stessa situazione competitiva. Però, nel raggruppamento geografico in cui l’Italia è inserita, una sorta di dorsale centro-europea, c’è fermento: abbiamo una chat di lavoro. Lo svizzero e il danese, veri appassionati di calcio, accendono i commenti su whatsapp. L’austriaco e l’olandese si mantengono più freddi, ma non possono fare a meno di intervenire, facendomi i complimenti a denti stretti. Non c’è un belga nativo, perciò da lì il tifo manca. Da alcune parole percepisco comunque che fanno fatica a tifare per noi, ci considerano sempre diversi, ma credo che l’invidia lavori molto in questo frangente. Il francese è stato silenzioso tutto il campionato e io certo non lo disturbo, lo spagnolo ha rosicato come un matto (come al solito), i tedeschi tristanzuoli cercano di usare fair-play. All’appello manca solo il mio amico inglese – Jim -, che però non è più in azienda, sostituito da un tedesco mandato in missione sull’Isola.

Sono sicuro che si farà sentire, magari dopo la finale, e uno di noi due cercherà di sfoggiare il più bel viso a cattivo gioco. Spero di non essere io.

 

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