IL TERRORISMO SPREZZANTE DEL MIRACOLATO GALMOZZI

Enrico Galmozzi. Un po’ mi spiace dedicare attenzione, tempo, spazio a questa persona, ma glielo devo, non riesco a sottrarmi. Non riesco perché riesce a distrarmi dalle disgrazie in corso nel mondo là fuori, sento le unghie che penetrano la carne dei palmi della mano e sento il desiderio irrefrenabile di fare cose che non posso dire.

Enrico Galmozzi, nato a Sesto San Giovanni il 5 luglio 1951, è un terrorista italiano, non metto le virgolette anche se cito wikipedia, mi paiono sprecate. È uno dei fondatori dell’organizzazione armata di estrema sinistra denominata “Brigate Combattenti di Prima Linea”. Condannato a 27 anni di carcere per gli omicidi di Enrico Pedenovi a Milano e del poliziotto Giuseppe Ciotta a Torino, ne sconta 11 e poi saluta i secondini. Va a farsi i fatti suoi, mai pentito e anzi fiero degli atti suoi, manco fossero l’incrollabile resistenza all’invasore.

Storia passata, potrei dire, che ci importa ormai di costui. E invece l’italiano peggiore, anche peggiore dell’evasore fiscale se possibile, riemerge sempre, squallido ora come lo era un tempo.

La Francia nega l’estradizione di dieci ex brigatisti, dieci ex terroristi, e nega la possibilità di giudicarli in Italia. Amen, non mi addentro, ognuno leggerà, proverà a capire, proverà a farsene una ragione, non le famiglie degli assassinati temo. Ma io voglio che il nome Enrico e il cognome Galmozzi siano ricordati e scolpiti nella memoria di tutti. Anche la foto, il volto, se possibile.

Non appena viene diffusa la notizia della decisione dei giudici francesi, lui non esita, abbandonata la pistola mette mano alla tastiera, arma che sa essere anche più fetida e impietosa. Questo scrive: “Quanto mi fa godere la Cassazione francese…”

Applausi, ironici a scanso di equivoci e senza zuccheri aggiunti, visto che qualcuno li spreca davvero. Invecchiare è cosa triste e deprimente, ma nel suo caso lo è in modo esponenziale. Impaludato nel suo triste e volgare pensiero eversivo, riesce a deridere la rabbia dei familiari delle vittime, resta convinto che ammazzare innocenti sia stata la scelta giusta, resta il piccolo uomo che è sempre stato.

Si parla e si parlerà della decisione dei giudici francesi e io spero che i vicini di casa di Enrico Galmozzi sappiano chi è il loro cortese e gentile dirimpettaio.

Ma io, soprattutto, non mi spiego perché 11 anni di carcere valgano due vite e due famiglie disintegrate, quando 27 già parevano un grazia.

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