IL TAM TAM DELL’ITALIA CIVILE CHE SALVERA’ IL BOSCO

A giudicare dai parchi, dai marciapiedi e dalle piazze, non si direbbe che l’italiano abbia gran cura di ciò che è pubblico. Quando si tratta del giardinetto privato, dell’ortensia personale e del geranio da davanzale, allora siamo perfino ammirevoli: c’è gente che tira la cera sulle foglie del ficus purché non si dica che trascuri qualcosa. Ma ciò che è di tutti, qui, finisce ancora per essere di nessuno e diventare così un enorme cestino per la carta straccia e un ricettacolo per depositi anche peggiori. Sono i comportamenti che generano, oltre a una montagna di rifiuti, anche conseguenze politiche e amministrative. Spesso va a finire che per correggere a forza di multe le nostre stesse violazioni a elementari regole di civiltà – che comunque attribuiamo agli altri – eleggiamo sindaci-sceriffo perché impongano ordinanze-bulldozer. Se l’aspetto delle città ne guadagna, non altrettanto si può dire della sempre rachitica coscienza civica collettiva.

Le multe, poi, poco possono contro quella che nei centri urbani italiani, da Roma a Petruro Irpino, nessuno manca mai di definire “movida”: essa lascia dietro di sé, passato il weekend, una scia di bottiglie rotte, bicchieri di plastica, mozziconi di sigaretta e altri composti biologici.

Da noi fanno notizia i tifosi giapponesi che, durante il recente Mondiale in Qatar, hanno ripulito lo stadio da cima a fondo dopo la partita. Li abbiamo ammirati, elogiati, portati a esempio sui social. Nessuno però che si sia sognato di emularli dopo il derby di Seconda categoria.

Forse, agli italiani, il piccolo gesto civile ed ecologico sta stretto. Salvare un’aiuola sembra poco: un impegno irrilevante, non all’altezza della nostra attenzione.  Dateci un bosco di 12 ettari e la faccenda cambia aspetto.

Accade nella località di Coriolino, comune di Santa Sofia, provincia di Forlì-Cesena. Un’iniziativa partita lo scorso settembre con post su Facebook ha permesso di raccogliere denaro a sufficienza per salvare un bosco, risparmiandolo a un destino già scritto: far da serbatoio di legna da ardere. I promotori puntavano a raccogliere 15 mila euro: ne hanno ricevuti ben più del doppio. Li hanno versati al Fondo Biodiversità e Foreste, che ha provveduto all’acquisto e metterà sotto tutela il bosco di Coriolino.

E’ uno slancio grandioso, quello che ha spinto tanta gente ad aderire a questa operazione di salvataggio boschivo. Un risultato che riconcilia, almeno per un momento, con il mondo dei social, che il più delle volte ci si presenta agli occhi e all’olfatto come la cloaca massima del pensiero risentito nazionale. Il risultato della raccolta ha consentito di salvare più bosco del previsto: 24 ettari e non 12, segno che gli italiani, quando ci si mettono, sono generosi il doppio di quel che già dubitiamo che siano.

E tuttavia, non per fare i criticoni a ogni costo, va aggiunto che la donazione online, per quanto generosa, nobile e illuminata, non fa ancora di noi italiani un popolo con una piena coscienza ambientale. Non fino a quando, invece di cliccare, molti più di noi si prenderanno anche l’impegno di conoscere per davvero i boschi, ovvero di donare del tempo e della fatica, oltre che del denaro. Non possiamo salvare l’Italia un post di Facebook alla volta: occorre qualcosa di più. Il salvataggio del bosco di Coriolino rivela però che dentro di noi l’idea giusta c’è: occorre coltivarla. Facciamo così: puntiamo a creare, in pochi mesi, 12 ettari di coscienza civile. Vedrete che ne salteranno fuori più del doppio.

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