IL SUOLO CHE CONSUMIAMO COMPRANDO ON LINE

Lo studio che Milena Gabanelli e Domenico Affinito presentano sul “Corriere” è preciso e articolato. E non lascia scampo.

Volendo sintetizzare, si fa pure in fretta: in Italia il consumo di suolo è elevatissimo, non una novità, soprattutto al nord ma in espansione ovunque. Una buona metà del consumo è dovuto alla costruzione di nuovi impianti produttivi, l’altra metà a nuovi depositi di stoccaggio per la grande distribuzione, con il commercio online – Amazon e compagnia per intenderci – in grande, grandissima crescita.

L’espansione e l’accaparramento non vanno per il sottile, si costruisce anche dove i rischi idrogeologici sono elevati, i Comuni hanno il loro bel tornaconto, sempre, e per tutti è certo meno dispendioso edificare dove non c’è nulla, sui terreni coltivabili generalmente, che riqualificare l’infinita serie di capannoni e magazzini abbandonati su tutto il territorio nazionale.

Proprio questa sembrerebbe la soluzione ideale e più facilmente praticabile, ma a qualcuno importa? A qualcuno sì in verità, in Veneto e anche in Piemonte, ad esempio, ci sono buone intenzioni in tal senso e pure qualcosa in più, a partire da un censimento delle costruzioni e soprattutto delle aree da riqualificare. In generale però prevale l’istinto vorace, quello che mangia e fagocita, letteralmente, tutto e subito perché la moltiplicazione dei guadagni non può aspettare mai.

In particolare, i magazzini che ammassano le merci che tutti noi ordiniamo tramite internet sono destinati a crescere, soprattutto in Lombardia, orgogliosa di proclamarsi hub dell’e-commerce in Europa, non c’è via di ritorno e certamente la via di ritorno non è data da un rallentamento dei nostri acquisti, anche se tutti piangiamo miseria. Guardiamoci in faccia e diciamolo a chiare lettere: nessuno di noi è disposto e tornare indietro. Tutto troppo comodo e immediato, tutto meravigliosamente a distanza di sicurezza, non serve nemmeno più salutare o ringraziare, perché non c’è nessuno da salutare e ringraziare. Un gran bel sollievo, ammettiamolo.

Alla prossima frana o alla prossima inondazione sarà bene però non indignarci e non stupirci troppo. Potremmo essere proprio noi, tutti noi, i principali indiziati. Per qualsiasi dissesto che vedrà coinvolto il consumo di suolo, verrà facile puntare il dito contro multinazionali e amministrazioni compiacenti. Ma quale multinazionale e quale amministrazione può prosperare senza la massa di fedeli servitori e finanziatori quali siamo tutti?

E allora come si torna indietro? Cosa fare? Cosa serve?

Non si torna indietro. Ma anche impuri e conniventi, perché dal comodo click dal divano di casa non si torna indietro, è bene ammetterlo, si deve comunque provare a puntare il dito e non tacere quando le nostre amministrazioni scelgono la via più semplice e la cassa facile. Così il singolo cittadino, così gli organismi che vigilano, o dovrebbero vigilare su questi fatti, così i giornali e il giornalismo, con un ritorno fitto dell’ormai sporadica pratica dell’inchiesta, della denuncia.

Abbiamo ammazzato il piccolo commercio di paese e di quartiere con i centri commerciali, abbiamo infierito con il commercio online e continueremo a farlo, ma possiamo almeno provare a salvare il salvabile, fosse anche solo la nostra coscienza?

Forse non ce la faremo, anzi è quasi certo, ma se nemmeno ci proviamo, ai prossimi sfaceli, che puntuali arriveranno, nessuno si chiami fuori, nessuno sarà senza peccato. Il suolo della Terra l’abbiamo violato noi.

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