IL PENSIERO FLUIDO DI ROSA CHEMICAL, MA ANCHE DI MADDALENA

In principio furono testi chiusi nel recinto dei temi Dio-Patria-Famiglia, come scrisse lo storico Leonardo Colombati (“La canzone italiana”, Mondadori, 2011). Ben presto, già nel 1952, ci pensò la leggendaria Nilla Pizzi a fare il primo saltino con “Papaveri e papere”, in cui la critica percepì una sottile ironia nei confronti della Democrazia Cristiana e un sommesso messaggio di denuncia sulle condizioni di sottomissione della donna nei confronti dell’uomo. La svolta della canzonzina che si trasformava in denuncia era avvenuta, senza che nessuno se ne accorgesse di primo acchito. Negli anni Sessanta fecero irruzione al Festival di Sanremo i beat, i contestatori, i ribelli, “più sopportati che supportati” (Serena Facci e Paolo Soddu, “Il Festival di Sanremo”) sfociando negli edulcorati rivoluzionari del 1967, sul palco ligure a strimpellare di politica e di protesta.

A distanza di 70 anni, l’onorevole Maddalena Morgante ha rispolverato quel “Dio Patria e famiglia” quale credo che le è valso quasi 166.000 preferenze nel collegio Veneto 2, un’onda che l’ha portata a Montecitorio con i Fratelli d’Italia. Un pezzettino delle sue convinzioni le ha dettate in aula, poco più di un paio di minuti, per scaraventarle addosso a Rosa Chemical. A chi? A Rosa Chemical, al secolo Manuel Franco Rocati, semisconosciuto rapper che in poche ore è diventato più popolare di Claudio Baglioni grazie a quegli strali lanciati in parlamento. Rosa porterà in questa edizione “Made in Italy”, una canzone – leggo – che affronterà “con ironia alcuni temi dell’italianità e del poliamore”, della prima parte peraltro già si occuparono con grandi risultati Rino Gaetano, Toto Cutugno e le storie tese di Elio.

A Maddalena la cosa non va giù e manifesta lo sconcerto nei confronti della televisione di Stato, che accetta “una canzone in cui si parla di sesso, amore poligamo e porno tramite Onlyfans”, e cioé una piattaforma con contenuti e pagamento, sovente di nudo o di erotismo esplicito.

Già la popolarità resa da questa furiosa polemica costituisce un bel successo per Rosa. E, perché no, per Maddalena, che può associare al suo integerrimo perbenismo un potente nome evocativo. Il profondo dibattito fiorito in queste ore su media e social ci ha coinvolti con osservazioni da varie prospettive: non è un crimine che in Parlamento si parli di tutto, per carità, nemmeno di fronte a problemi tanto più gravi e numerosi. Qualcuno il lavoro sporco, o di pulizia a seconda della posizione, deve pur farlo. Certo, mettere idealmente un buttafuori della censura all’ingresso del teatro Ariston nel 2023, un po’ anacronistico appare, se pensiamo chi esce e chi è entrato, nei decenni, da quelle porte a vetri di Sanremo…

Il fatto però è che così come è fiorita, la polemica è già appassita perché, sorpresa “dalla strumentalità” cui è stata sottoposta e dal bailamme scaturito dal suo intervento, Maddalena ha prontamente fatto marcia indietro: “Diversi genitori mi avevano segnalato le sue affermazioni (di Rosa, ndr), io ho voluto far conoscere quel disagio. Sia chiaro che non è mia intenzione censurare o bloccare nessuno”.

Peccato, perché la deputata aveva fatto in tempo a spingersi nei meandri degli inaccettabili “spot a favore dei gender e della sessualità fluida”, secondo cui un individuo è o dovrebbe essere flessibile nelle sue scelte di letto. Non c’è più modo di parlarne, del vero significato di gender, di fluidità sessuale che quelle famose porte di vetro aveva già varcato da tempo, dei rapper sconosciuti che la rivoluzione riescono a farla qualche minuto su Tik-Tok e sul palcoscenico, perché sulla bolla è già calato il sipario.

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