PARTITO DI FAMIGLIA

Solo un affare di famiglia oppure un cattivo affare di famiglia? Di certo un costoso affare di famiglia. L’aggettivo si applica a Forza Italia ed è di difficile smentita.

In cerca di un sinonimo per evitare l’aborrita ripetizione, i giornalisti scrivono spesso “il partito di Silvio Berlusconi” senza sospettare quanto la definizione si avvicini alla realtà letterale dei fatti. La preposizione “di”, infatti, in questo caso indica più che mai possesso. Forza Italia è di Silvio Berlusconi proprio perché è roba sua: da qualche parte ci devono essere le fatture che lo dimostrano. Al Cavaliere si aggiungono, con quote di minoranza, i figli Marina, Pier Silvio, Eleonora, Luigi e Barbara: ognuno di loro quest’anno – ed è la prima volta – ha versato un contributo di centomila euro, una colletta familiare da mezzo milione. Per salvare i conti e la baracca.

In un recente articolo, il “Tempo” – quotidiano che non si può definire ostile a Berlusconi – scrive che, al 31 dicembre 2021, Forza Italia presentava un disavanzo di 340mila euro ed un debito presso “altri finanziatori” di 92 milioni. Come precisa lo stesso giornale, gli “altri finanziatori” non sono altri che lo stesso Cavaliere. Il mezzo milione generosamente avanzato dalla figliolanza aumenta, se possibile, il peso della famiglia nella gestione del partito.

A rendere ancora più stretta la “proprietà” del marchio, e della direzione politica che consegue al marchio, non ci sono soltanto i soldi che Berlusconi e figli versano al partito, ma anche quelli che altri non versano. Deputati, senatori e consiglieri regionali eletti in Forza Italia dovrebbero infatti contribuire con 900 euro al mese alla cassa del partito: a quanto pare, tuttavia, uno su tre è in arretrato con le quote, tanto da far segnare a bilancio un “buco” di 2 milioni di euro.

Vien da pensare che per molti di questi “morosi” l’atteggiamento mentale sia quello del “tanto paga papà”. E non c’è dubbio che papà paghi e, oltre a lui, pagano anche i figli. Gli altri – non tutti ma molti – si limitano ai debiti, il più pesante dei quali è il debito di riconoscenza.

Con questo stato – finanziario e morale – della gestione, si capisce bene come nella vittoria e nella sconfitta Forza Italia dipenda comunque da Silvio Berlusconi, e come sia dunque difficile aspettarsi un dibattito interno al partito, anche se oggi – considerata l’alleanza con una destra, checché si dica, dai tratti non squisitamente liberali – una certa riflessione non sarebbe del tutto fuori luogo. Ma finché così stanno le cose, più che altro le contabilità, ogni decisione passa sempre e comunque dagli “altri finanziatori”, ovvero da Berlusconi, e semmai se ne discute a cena con i ragazzi che, quest’anno, hanno spaccato il salvadanaio per contribuire alla causa.

La “proprietà” politica di Silvio Berlusconi è un’anomalia che non nasce oggi ma che oggi, con il passare del tempo, delle stagioni parlamentari e con l’inevitabile invecchiamento del leader, assume contorni più urgenti. Non di drammatica urgenza, forse, visto che dall’altra parte, a sinistra, il dibattito – al contrario – non finisce mai e tutti si industriano perché neanche per sbaglio giunga a sintesi, ma comunque pressante: in gioco la forma e la sostanza di un governo che ancora deve calare le sue carte più importanti.

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