I MAESTRI CHE INSEGNANO A CANCELLARE LA NOIA

Qualcuno ancora ci crede e io confesso di rimanere francamente affascinato da questa ostinazione, in sé una forma di bellezza.

Quando qualche ragazzo, qualche giovane la combina grossa, o media diciamo, a maggior ragione se è un atto che va a discapito del bene pubblico, l’impulso immediato di tutti noi è la rabbia, vorremmo infliggere la più esemplare delle punizioni e quasi mai prevale una disposizione educativa, se non comprensiva. È comunque naturale, connaturato, siamo deboli e istintivi e l’esasperazione prende il sopravvento a volte, anche più del dovuto, ammettiamolo.

Eppure ci sono persone speciali che si ergono dalla cintola in su e in tutto e per tutto, e oltre, giustificano il ruolo educativo che hanno scelto come professione, se non fosse che quest’ultima definizione forse ne sminuisce un po’ la portata.

Torna alla mente il professor Pietro Carmina, deceduto nella tragedia di Ravanusa, in quel crollo rovinoso, e la lettera che lasciò in eredità ai suoi studenti l’ultimo giorno di insegnamento, prima della pensione. Una lettera che arrivò in tutte le case italiane e che anche il Presidente della Repubblica volle portare a esempio.

Ora, senza tragedie di mezzo, è il turno di un altro insegnante, il professor Carlo Maccanti, dirigente dell’Istituto Superiore Einaudi-Ceccherelli di Piombino, in provincia di Livorno.

Un bel mattino di questo novembre d’inizio primavera, l’ingresso della scuola si presenta imbrattato con un grossolano disegno di un volto alieno e una scritta programmatica: “NIENTE RANCORE – GIUSTO PERCHÉ MI ANNOIO”.

L’ira e il rimbrotto immediatamente dovrebbero prendere il sopravvento, più improbabile pensare di argomentare in modo costruttivo, ma il nostro dirigente è fatto di quella pasta lì, di quell’altra intendo, quella che è convinta che ogni occasione sia una buona occasione per educare e offrire un’alternativa alla noia.

Riporto alcuni frammenti della sua risposta al gesto dello studente annoiato:

“Qualcuno si è sentito in dovere di omaggiare l’ingresso principale della sede Einaudi con questa sua esternazione di discutibile qualità pittorica. La prima reazione è quella di partire col solito discorso sul danneggiamento di bene pubblico, sui costi di ripulitura, sulla scarsità di telecamere, su come si dovrebbero educare i giovani d’oggi, a schiaffoni com’era un tempo, quando c’era ancora il rispetto, signora mia… ecc. ecc. Probabilmente c’è del vero anche in tali considerazioni, ma questa riflessione vuole piuttosto soffermarsi sulla scritta che, forse involontariamente, ci dice cose interessanti:

1) Non ce l’hai con la scuola, ma con la noia che ti porti addosso. Non è dentro scuola che ci si annoia: la noia vera sta fuori. Fuori, in quel mondo dove ti viene detto ‘basta che tu sia te stesso’ senza permetterti di scoprire che tipo di ‘te stesso’ davvero tu sia. In quel mondo esterno, dove apparentemente tutto è permesso, eppure ti sta così stretto e così pesante addosso; quel mondo che di giorno schifa la scuola, ma poi, al calare del buio, proprio a scuola ti fa tornare, fosse anche solo per sfinimento o per noia.

2) Ci si può sentire soli e annoiati anche quando si è in gruppo. Per questo scavalchi un cancello intorno a mezzanotte per ‘una bravata’, che forse, grazie a qualche ‘like’ all’indomani, può illuderti di aver dato un senso al tuo tempo”.

Poi arriva la parte forse più spiazzante e illuminante:

“3) E mentre butti là poche righe con una bomboletta, lassù sulla collina di viale Michelangelo, se solo ti voltassi potresti accorgerti che alle tue spalle la luna, nonostante qualche nuvola dai bordi dorati, si specchia sul porticciolo di Salivoli e disegna i contorni dell’Elba. Forse un traghetto passa sul canale, scomponendo le sue luci riflesse sulla superficie increspata del mare. E tutto questo trasuda bellezza e poesia. Da ammirare e toglierti il fiato. Forse non sarebbe sufficiente a colmare quella noia che denunci, ma potrebbe essere un buon inizio.

Quindi ‘niente rancore’ neanche da parte mia, sconosciuto imbrattatore notturno, ma solo tanta amarezza per questo bersaglio mancato, per il tuo sguardo assuefatto su una vita che, magari, potrebbe darti di più, ma che non ti toglie la possibilità di meravigliarti ancora, se solo riesci a volgere lo sguardo al di sopra delle tue spalle giovani e annoiate. Ah…. a proposito: coi nostri ragazzi del Liceo Artistico quest’anno faremo anche ‘Street Art’. Che ne dici?”

Si può inveire, si può sorvegliare e si può punire, tutto legittimo e comprensibile, poi, qualcuno assennato e paziente e devoto alla causa che ha scelto come professione, può anche provare a costruire e mostrare la faccia nascosta non della luna ma della natura umana. Non è roba alla portata di tutti, sia pure con un pizzicotto di sarcasmo solo alcuni hanno la calma e la lucidità per farlo, mostrare l’alternativa alla noia, non solo distruggere, condannare, che è sacrosanto ma anche la parte più facile.

Mi torna alla mente anche quel che fece Nico Acampora, l’ideatore di quell’incredibile impresa che è PizzAut, a Cassina de’ Pecchi, in provincia di Milano, un ristorante gestito anche da persone autistiche che lavorano e trovano in quel luogo la gratificazione che tutti noi cerchiamo nella nostra professione.

Tempo fa, un gruppo di ragazzini si appostò fuori dal ristorante e cominciò a sbeffeggiare con imitazioni irriguardose i ragazzi di PizzAut. Il titolare, Nico Acampora appunto, non si scompose, non inveì, non denunciò. Si limitò a deplorare, sommessamente, e a invitare i teppistelli nel suo ristorante per una pizza gratis, per conoscere le persone che lì lavorano, per conoscere e comprendere qualcosa che forse a loro, da fuori, doveva essere sfuggito.

Questa sì è roba forte, roba da uomini veri, roba che nessun palestrato può anche solo lontanamente avvicinare. Questi dovrebbero essere i nostri supereroi, nonché l’ispirazione per le persone alla guida del Paese.

Tutto il resto è noia, francamente.

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