IL MILAN PUO’ ESISTERE ANCHE SENZA MALDINI

E’ finita la seconda era di Paolo Maldini al Milan. Un secondo emendamento – questa volta in giacca e cravatta e non più in pantaloncini e pettorina – condito con la vittoria di uno scudetto e di un’inaspettata semifinale di Champions League. Un bel bottino, considerando la poca esperienza da dirigente dell’ormai ex direttore generale.

Insieme a lui salta anche la testa del fido Ricky Massara, spalla di Maldini e silenzioso addetto ai lavori. Il licenziamento – o meglio, esonero – sopraggiunge per problemi di natura caratteriale e incompatibilità concettuale. Maldini andava a sinistra, il proprietario Cardinale a destra. Paolo voleva affiancare ai ragazzi qualche innesto d’esperienza, lo zio Gerry voleva e vuole puntare soltanto sui giovani di talento.

Ma non è soltanto una questione di mercato – l’ultimo, tra l’altro, deludente. A Cardinale non sono piaciuti alcuni atteggiamenti da parte di Maldini che, in completa autonomia, a volte eccedeva dal suo ruolo, comportandosi come se fosse il presidente del Milan e non un suo semplice dipendente. Già lo scorso anno, di questi tempi, faceva discutere il ritardo sui rinnovi di contratto sia di Maldini che di Massara. Rinnovi arrivati il 30 Giugno, a soli quattro giorni dall’inizio del ritiro rossonero. Sintomo di un rapporto – quello tra Maldini e Cardinale – nato sotto una cattiva stella sin dall’inizio.

La bandiera del Milan, d’altronde, non è mai stato un personaggio semplice da gestire. La sua personalità, il suo carisma e la figura che si è costruita negli anni possono spaventare qualsivoglia proprietà. Non è un caso che Berlusconi e Galliani non l’abbiano mai preso in considerazione per un ruolo dirigenziale post-ritiro. Cardinale ha scelto di farne a meno e questo ha scatenato l’ira dei tifosi, che minacciano di boicottare gli abbonamenti e, di conseguenza, disertare lo stadio. Come se chi mette i soldi all’interno di una società non abbia nessun potere decisionale. Come se non possa decidere, giusto o sbagliato che sia, di licenziare un proprio dipendente.

Sia chiaro: Maldini è il Milan e, fosse stato per me, lo avrei tenuto a vita. Ma per tenere a vita qualcuno nel calcio di oggi, e metterlo in una situazione in cui è soggetto a pochi sbagli e pochi esami, allora converrebbe offrire dei ruoli alla Zanetti. Una bella posizione come vicepresidente e vissero tutti felici e contenti.

Maldini aveva un ruolo più importante e decisionale. Per Cardinale ha sbagliato? Allora è giusto che vada. Si poteva scegliere un tatto migliore, una festa in stile Zlatan Ibrahimovic? Senza dubbio, ma il risultato non sarebbe cambiato. Le divergenze si protraggono da tanto, troppo tempo.

Maldini va ringraziato per i calciatori che ha acquistato, per la passione che ci ha messo e per il lavoro che ha svolto. Ma al primo posto dev’esserci sempre e soltanto il Milan. Gli uomini passano, il club resta. Il Milan continuerà ad esistere anche senza una bandiera come Paolo Maldini. Abbiamo già vissuto un dopo Maldini 15 anni fa. Ne vivremo un altro adesso e sapremo gestirlo. Queste rivolte serviranno soltanto a creare tensioni e malumori. Rivolte incoerenti partorite anche da chi, negli ultimi tre anni, ha invaso Twitter di #maldiniout, mentre oggi l’#out lo affianca al nome di Cardinale.

E’ vero, il Maldini bandiera, l’uomo immagine, colui che rappresentava il Milan in Italia e nel mondo non ha sostituti. Ma il Maldini dirigente i sostituti li ha eccome, forse anche più competenti. Anziché urlare al disfattismo, aspettiamo di vedere all’opera i futuri deus ex machina del Milan. Soltanto a lavoro concluso potremo giudicarli e, semmai, rimpiangere il passato.

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