IL MASSACRO DEL CETO MEDIO

di ALBERTO BRAMBILLA (presidente di Itinerari Previdenziali), per “Corriere Economia”:

Un Paese senza una classe media rappresentata politicamente non ha futuro. La piccola e media borghesia è la parte della nazione intraprendente e produttiva che genera Pil, posti di lavoro, che crea nuove aziende che si reinventa e che ha consentito all’Italia di diventare la seconda manifattura d’Europa. Ma è anche quella che consente un maggiore e più stabile equilibrio politico, economico e sociale e che non si fa attrarre da bonus e superbonus, dalle promesse di quota 100 (le persone della classe media lavorano oltre i 70 anni), dal reddito di cittadinanza, dagli sconti fiscali a pioggia. È la parte sana che, però, in questi 20 anni si è molto ridotta mentre si è ingigantito l’esercito dei poveri e sono spariti due valori fondanti e tipici della middle class: il merito e il dovere.

Al loro posto si è tracciata una linea di demarcazione utilizzata da tutti i governi che si sono succeduti in questo periodo che, tradotta in «reddito dichiarato», è stata fissata a 35 mila euro lordi l’anno. Oltre questo livello di guadagni si è esclusi da tutto: in primis dalla rappresentanza politica e sindacale perché questa parte di italiani, ormai ridottasi, sotto il profilo elettorale non interessa a nessuno: sono solo cittadini da «spremere» quando serve. Una riprova? La dimostrazione la si ricava dall’indicizzazione delle pensioni all’inflazione che ha massacrato, ma ciò accade da tempo, gli assegni della classe media.

Non troverete nessun politico che critichi il bancomat delle pensioni; tutti, invece, su un argomento che tiene banco come le tasse sulla benzina, dicono che ridurre le accise è sbagliato perché ne beneficiano anche i ricchi. Un’ex ministra diceva: «tutti quelli che hanno redditi alti si dovrebbero pagare la sanità che dovrebbe essere gratis per i poveri», oggi la politica aggiunge altri vocaboli: i fragili, gli esclusi, gli ultimi e così via. Domanda: perché paghiamo le tasse? Per beneficienza? Il problema, e poi torniamo al bancomat pensioni, è che in Italia secondo le ultime dichiarazioni dei redditi, il 60% della popolazione paga meno del 10% di Irpef e quasi nulla delle altre imposte salvo poca Iva (al Nord l’Iva media pro-capite è intorno ai 2.900 euro l’anno, al Sud è circa di 600 euro: consumano 5 volte meno?) e delle accise.

Per garantire a questa maggioranza di cittadini la sola sanità che da noi non lo dice nessun politico ma è gratis, occorre che qualche altro contribuente, guarda caso con redditi sopra i 35 mila euro, versi 58 miliardi l’anno quale differenza tra Irpef pagata e il costo medio pro capite della sanità (2.070 euro nel 2021). Il resto per questi cittadini è tutto gratis: scuola, servizi sociali, viabilità ecc.

Ma non troverete un politico che abbia il coraggio di dire questa scomoda verità. Anzi si sposa il modello pauperistico e si fa a gara a chi offre di più; meno si dichiara e più alto è l’assegno unico e universale per i figli a carico, la paghetta di Stato, sempre a carico dei dichiaranti oltre 35 mila euro. E quando a 67 anni una persona, sconosciuta a Inps e Fisco, perché in tutta la vita non hai mai versato un euro di tasse e contributi chiede una pensione sociale, con tanto di quattordicesima mensilità, importo aggiuntivo e maggiorazione sociale, nessun ente di Stato fa domande: paga su semplice richiesta. Ma c’è anche chi vuole portare l’assegno dei circa 7 milioni di pensionati totalmente o parzialmente assistiti a 600 euro subito e a mille euro il prima possibile. Costo per la seconda opzione altri 27 miliardi l’anno oltre i 145 miliardi di assistenza sociale (compresi gli 8 dell’assegno unico e i 9 del reddito di cittadinanza) a carico dei soliti noti o a debito.

E così, in questi ultimi 15 anni la spesa assistenziale a carico della fiscalità generale (dei soliti), è balzata da 73 a 145 miliardi e i poveri assoluti anziché ridursi sono passati da 2,1 milioni a 5,6 milioni (da 6 a 8,5 quelli in povertà relativa). Più poveri, più possibilità di promettere: come quella di garantire mezzi pubblici gratis per tutti quelli fino a 25 anni. E i settantenni che magari hanno fatto grande Milano? No per la politica italiana i maestri del consenso sono ancora gli imperatori romani: panem et circenses.

E i risultati si vedono: Renzi in 3 anni dal 40% a meno del 20% di consensi; Grillo dal 34% alla metà nonostante Conte abbia girato in lungo e in largo il Sud promettendo reddito per tutti; Salvini dal 37% al 7/8%. Un elettorato liquido, scontento, arrabbiato, deluso sempre alla ricerca di qualche beneficio, qualche pasto gratis, inconsapevole (e questo è il peccato originale della politica) che noi italiani siamo tra i più fortunati: su otto miliardi di abitanti della Terra noi italici siamo nel ristretto novero dei circa 700 milioni che hanno tutto: democrazia, libertà, stato sociale, assistenza, oltre a tutti i servizi quali acqua potabile, energia elettrica, servizi sociali e sanitari di cui manca la maggioranza delle popolazioni mondiali.

E veniamo al bancomat; secondo l’ultima indagine di Itinerari previdenziali la classe media, quella dai 35 mila euro in su compresi i pensionati con una rendita da 5 volte il minimo (cioè 2.580 euro lordi al mese, 36.500 lordi e 27 mila netti), sono poco più di 5 milioni i quali pagano il 60% di tutte le imposte ma sono esclusi dalla totalità di bonus, agevolazioni e così via. Questi pensionati che rappresentano solo l’11% del totale dei 16 milioni, ma pagano 42 miliardi di Irpef (il 70% del totale) si sono visti tagliare la rivalutazione del trattamento previdenziale all’inflazione; anziché vedersi rivalutare l’assegno si dovranno accontentare di un aumento tra il 3,86% e il 2,33%, dopo aver già perso negli ultimi 13 anni quasi il 20% di potere d’acquisto. Lo stesso capita per i salari: quelli dei lavoratori a basso reddito sono nella media Ue mentre quelli alti sono più bassi di un 20% e continuano a perdere potere d’acquisto esattamente come le pensioni penalizzando la sola classe media e con essa l’economia e lo sviluppo.

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