IL GIORNO PIU’ CALDO DI SEMPRE: ANDIAMO ARROSTO, MA NON IMPORTA A NESSUNO

Nell’indifferenza totale, il 4 luglio segna un altro impressionante record per il nostro pianeta accaldato e sfiatato: sono stati superati per la prima volta nella storia dell’umanità i 17 gradi medi, la giornata più calda di sempre. Tanti diranno “vabbè, ogni telegiornale è pieno di queste notizie, basta uscire per capire che si muore di afa” e gireranno canale per dedicarsi all’eredità di Berlusconi, argomento decisamente più eccitante.

Eppure, per gli scienziati questo è quasi un punto di non ritorno, ben peggio dei sia pur devastanti fenomeni climatici estremi che causano danni a persone e cose. Ma che rimangono comunque episodi considerati locali. Dai picchi della Death Valley californiana a 56,7 gradi ai 48,8 gradi siciliani (record europeo del 2021), per non parlare dei più preoccupanti 38 gradi della Siberia, sono dati allarmanti, ma mai come dovrebbe essere l’innalzamento della media che, invece, riguarda sostanzialmente tutti. La principale causa, accertata da più fonti, è sempre la stessa: le maledette emissioni di CO2 – anidride carbonica – prodotte dall’uso delle energie fossili: per semplificare, parliamo principalmente di trasporti, riscaldamento domestico e produzione industriale. La concentrazione di questo micidiale gas serra è senza dubbio il nemico numero uno da combattere.

E sì che altri gas serra come i CFC e HCFC, i famigerati e impronunciabili clorofluorocarburi e idrocluorofluorocaburi (per gli amici i “gas delle bombolette”), motivo del temutissimo e oscuro buco dell’ozono, sono stati combattuti a lungo e messi al bando efficacemente grazie a una politica coerente e consistente. Tanto che il buco si è ristretto e sarà completamente “ricucito” tra il 2040 e 2045. Notizia che è passata inosservata pure quella, tipica brutta abitudine del genere umano quella di non celebrare i successi ottenuti, magari dopo aver frignato  e seminato il panico per generazioni.

Il caso vittorioso non si sta ripetendo con la lotta alla CO2, anche se registriamo una spinta mai vista sulle auto elettriche, una tendenza a favore del riscaldamento domestico con le pompe di calore elettriche, una forte attenzione a utilizzare le energie rinnovabili nella produzione e un aumento generale della sensibilità della gente. Se ci aggiungiamo Greta e i faticosi accordi internazionali sul contenimento della temperatura mondiale, non possiamo dire che non se ne parli. Ma non basta, bisogna davvero fare di più. Siamo in grave ritardo e le misure non sembrano così efficaci. Perché dovevamo partire prima e perché non ci sono ancora le contromisure automatiche ai tanti allarmi lanciati.

Faccio un esempio pratico. Siamo riusciti a misurare le emissioni cittadine di PM 10 e PM 2.5 – le arcinote particelle sottili, solide o liquide, assai nocive per la nostra salute più che per l’ambiente –, emesse soprattutto dai veicoli, e ci siamo abituati più male che bene allo stop del traffico quando i valori eccedono i parametri fissati. Numeri-allarme-sanzioni-misure restrittive: una formula brutale, ma che funziona.

Purtroppo, per il clima, non si è trovato ancora un sistema analogo. Veniamo inondati dai vari meteo e dalle notizie strillate del giorno, ma una vera forma operativa che ci metta con le spalle al muro non esiste. Finché qualcuno o qualcosa non ci costringerà, ci sarà sempre lo spazio per aspettare, rimandare, prendercela con comodo, sostanzialmente fregarcene. Anche se il tempo è esaurito e la clessidra della vita sta vuotandosi.

Ed ecco perché, se non cominciamo seriamente a preoccuparci anche noi come singoli individui, la notizia del giorno più caldo di sempre non ci farà né caldo né freddo.

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