IL DOTTOR FASULLO BONOMI POTREBBE IMPARARE QUALCOSA DA FIORELLO

La prima lezione universitaria seria, lui che è un dottore inventato, l’ha ricevuta dagli studenti: “E’ come se un tizio volesse diventare team manager di Formula uno senza avere la patente”. Metafora piuttosto precisa: Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, voleva diventare presidente dell’università Luiss senza avere la laurea universitaria. Per la verità non è proprio così: lui è andato avanti una vita firmando e facendosi chiamare Dottore. Ma proprio sul punto di diventare il numero uno assoluto dell’ateneo, l’hanno smascherato. La solita storiella all’italiana, ormai sulla bocca di tutti.

Ma proprio perchè è all’italiana, non si è chiusa con Bonomi che corre a nascondersi per un paio di secoli. No, lui rilancia: visto che è andata così, adesso vuole diventare almeno vicepresidente esecutivo. E avanti, che siamo davvero gente seria (parentesi, solo una domanda: ma se continuano a dirci che la laurea non serve più a niente, che uno può essere in gambissima anche senza laurea, perchè se la inventano?).

Ce lo stiamo dicendo tutti, in questi giorni: non avere una laurea non è una colpa. La colpa vera è non averla e raccontare in giro di averla. Di atteggiarsi a uno che ce l’ha. Di camparci sopra come uno che ce l’ha. Una colpa decisamente penosa e deprimente, che richiama l’epopea di Alberto Sordi e della sua Italietta furbastra e opportunista, ma che evidentemente non guarisce mai dalle sue tare secolari.

Però non bisogna mai rassegnarsi e pensare solo al peggio. Ogni volta, questa stessa Italia fornisce esempi a cui aggrapparsi. In questi giorni, davanti all’ineffabile Dottor Fasullo Bonomi, a me è tornato subito alla mente Fiorello. Certo, un giullare, un guitto, un adorabile cialtrone, così come lui stesso vuole essere, senza ricorrere a titoli farlocchi. Ma proprio da lui il paludato Bonomi avrebbe qualcosa da imparare, se solo scendesse ogni tanto dal suo bel mondo di rispettabili e autorevoli, con abito di sartoria.

Era il 2006: un bel giorno l’università di Imperia decise di assegnare a Fiorello la laurea honoris causa per riconoscere i suoi meriti nel campo dello spettacolo. Ma proprio durante uno dei pomeriggi radiofonici che hanno fatto storia, la trasmissione era “Viva Radio2”, lui così accolse l’onorificenza: «Fermi tutti. Sì, ringrazio per il pensiero. Ma non posso accettarlo, per rispetto di tutti quelli che ogni giorno si fanno un mazzo così, sognando di arrivare alla laurea vera».

Io quella volta adorai Fiorello, perchè nel Paese che concede lauree honoris causa a cani e porci, che vende lauree light tramite i canali telematici, che addirittura se le inventa sui due piedi negli uffici inarrivabili di Confindustria, lui ebbe il coraggio leggero e sobrio di non farla tanto lunga, ma di parlare chiaramente del “rispetto”, il rispetto che si deve ai nostri ragazzi, almeno a loro se non a noi ex ragazzi laureati veri, questi ragazzi d’oggi impegnati ogni giorno ad affrontare le fatiche, le paure, le emozioni, le spese, le insonnie, i pendolarismi, gli sfoghi cutanei di un serio impegno universitario. Una laurea comunque vera non avrebbe cambiato la vita di Fiorello, in definitiva l’avrebbe soltanto messo a disagio, nel ruolo dell’imboscato senza meriti in un mondo che non era il suo.

Ha mai avvertito, l’autorevole e riverito signor Bonomi, questo disagio nella sua lunga carriera di dottore inventato? Ad ogni buon conto, non è mai tardi per cominciare. Può prendere lezione da Fiorello, professore senza laurea di dignità umana. Però che cominci.

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