IL DOLORE PER LA REGINA E IL DOLORE PER MATTIA

E che finalmente riposi in pace, a Dio piacendo, questa indimenticabile regina. Contando i giorni e i chilometri della spettacolare tournee post-mortem, è evidente che i suoi sudditi non avrebbero voluto seppellirla mai. L’hanno scarrozzata come una madonna candelora in giro per il Regno Unito, sbrodolandosi tutti quanti in questo festival del gossip funerario, una cosa mai vista, si sono persino applicati nelle prove del funerale, sì, prove come a teatro, come ai matrimoni, se non fosse che questa volta c’era di mezzo un lutto e parlare di prove – almeno a me – ha fatto un effetto molto strano.

Pace all’anima sua, ma per davvero, se possibile, finalmente. Nel contempo, che sbaracchi dall’Inghilterra la nostra truppa cammellata di inviati Rai, una pletora di gente che per giorni e  giorni ci ha raccontato il nulla, alcuni nelle vesti di cronometristi (ieri coda lunga 12 ore, oggi attesa leggermente scesa a 9), alcuni nelle vesti di contabili (sono centomila, anzi no anche centocinquantamila), altri nelle vesti di spalle su cui piangere (questa signora non riesce a parlare, tanto è commossa, lei che dice, resterà per sempre la regina più amata?, yes of course). Il tutto – mai dimenticarlo – a spese dei contribuenti, alla faccia della sobrietà e del risparmio, manco fosse la regina nostra, manco fosse un lutto tutto italiano. Domanda mia: in Italia non si può fare giustamente apologia del fascismo, mi spieghino allora perchè si può imbastire impunemente questa oscena apologia della monarchia, che abbiamo ugualmente ripudiato.

Basta, lo show termina qui, con tanto dispiacere di chi ne sentirà la mancanza. Inutile però immaginare che si possa tornare subito a una civile normalità. Non ci siamo tornati nemmeno sotto la stimolazione choc delle nostre Marche, di quella povera gente immersa nei disastri e in un lutto vero, anche se anonimo, anche senza prove dei funerali, anche senza cavalli col pennacchio. A un certo punto ho immaginato, ho sperato, che il servizio pubblico si dedicasse anima e corpo a quella dannata alluvione, lasciando agli inglesi le loro lacrime e le loro faccende di intrighi e successioni. Invece niente: doverosi servizi dalle Marche, e vorrei proprio vedere il contrario, ma poi immancabili – e interminabili – collegamenti con Londra, con la gente in coda, con gli inviati reggi-microfono chiamati a ripeterci le inutili cose del giorno prima.

E’ in questo contrasto Londra-Marche che almeno qualche cittadino sensato ha avvertito il più profondo disagio. Tra lutto e lutto. Noi italiani chiamati h24 a commuoverci per la povera regina degli inglesi, mentre qui eravamo sovrastati dalla morte atroce di connazionali sotto l’onda spietata del fango. Tra tutte le tragedie, tra tutte le angosce, quella più crudele e insostenibile per il piccolo Mattia, strappato dalle braccia della mamma e non ancora ritrovato, immaginarsi lo strazio di questi genitori, immaginarsi dov’è e che ne è stato di lui, angelo santo, altro che prove generali del funerale regale a Westminster. Sarà pure demagogia e populismo sbracato, chi se ne importa, ma sarebbe bello un giorno risvegliarsi in un mondo nuovo e diverso, uno strambo mondo alla rovescia in cui i grandi della terra, Mattarella per primo, mandassero un bel mazzo di fiori a Londra e si precipitassero di persona ad abbracciare la mamma e il papà di Mattia.

“Lasciate che i morti seppelliscano i loro morti”, dice nostro Signore a un certo punto, spiegando nel modo più sublime come chi si fa prendere troppo dal culto e dal mito delle cose terrene, persino dei funerali, sia anch’esso comunque un po’ morto dentro. Perchè si allontana dai vivi e dalla vita.

Il silenzio e il rispetto, la malinconia e qualche lacrima sono umani e legittimi. Ma cadere in questa nuova idolatria pagana, come ci hanno precipitati i genialoidi del servizio pubblico nell’interminabile periodo di veglie ingioiellate, è ai limiti del blasfemo. Di sicuro è sbilanciato e irriguardoso nei confronti dell’Italia finita sotto il fango, soprattutto nei riguardi di Mattia e dei suoi poveri genitori.

Mattia, in questi giorni, è figlio, fratello, nipote dell’Italia intera. Lasciamo la regina inglese agli inglesi, vediamo se possibile di tornare con i piedi per terra, alla realtà senza diademi e senza deliri fiabeschi, così terribilmente sporca di fango e di dolore. Ma sincera, ma umana, ma vera. Dovremmo finirla una buona volta con la forma, provando a concentrarci sulla sostanza. Se ancora ne siamo capaci, se ancora ricordiamo come si fa.

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