I KILLER UBRIACHI E SENZA PATENTE, IMPUNITI NELL’ITALIA DEGLI IMPUNITI

Commentare le notizie è piuttosto facile: sei lì, seduto dietro al tuo computer, con davanti i lanci di agenzia o le paginate online, e puoi giudicare, analizzare, suggerire. Sei una specie di giudice infernale, se rendo l’idea: da buon conoscitore dei peccati, ti avvolgi la coda intorno al corpo, per quanti cerchi vuoi mandare giù il reprobo di turno. E la gente ti legge: a volte ti dà ragione, a volte ti dà torto, ma, comunque, ti legge, che è quel che importa di più.

Ci sono volte, però, che commentare diventa più difficile: che ti prende come un groppo in gola e che ti rendi conto che quelli di cui dottamente disquisisci sono esseri umani, proprio come te. Anzi, meglio: che potresti essere tu al posto loro. E, allora, inevitabilmente, le tue reazioni sono diverse: il tuo navigato buon senso, la tua prosa impeccabile, ti sembrano uno sberleffo all’altrui dolore. Tu non sei Minosse: sei un poveraccio come tutti gli altri e non sei immune dai mali di tutti, dalle carognate che la sorte riserva a tutti quanti.

Così, commentando il fatto di cronaca del quindicenne falciato sulle strisce, a Garbagnate, da uno straniero ubriaco e senza patente, non puoi non dirti che quel povero figliuolo avrebbe potuto essere il tuo, di figlio: e che soltanto un caso benevolo ti ha fatto pescare il jolly, mentre a qualcun altro è toccata la dama in nero. Perciò, ti rendi conto che c’è davvero poco da commentare, se non cercare di suggerire come eventi del genere possano, in futuro, essere limitati, tornare sporadici, da quotidiani che sono diventati.

Andiamo per gradi. Lo straniero alla guida: l’Italia è piena di stranieri che guidano automobili, furgoni e camion, spesso senza documenti in ordine o, addirittura, privi di patente. In autostrada, incroci di frequente automobili dell’est europeo che sfrecciano, con alla guida facce da galera, o furgonetti che fanno la spola, per chissà quali commerci: chi sono, dove vanno, chi li controlla?

Ubriaco: l’assassino era sbronzo, quando ha centrato i due amici in bicicletta. E’ pieno di gente che guida ubriaca o sotto effetto di droghe. Stabilito che il tasso d’incoscienza è ormai giunto alle stelle, il ritornello si ripete: chi li controlla, chi li ferma, chi li sanziona?

Senza patente: una volta guidavano senza patente soltanto i nobiluomini calabresi, che nessuno, a casa loro, si sognava di controllare. Oggi, la guida privi di patente è sempre più comune, mercè, appunto, la robusta iniezione di stranieri, che, oltre a pagarci le pensioni, ci stirano ai semafori e sulle strisce pedonali. D’altronde, che ne sanno loro di patenti? Siccome nessuno ha tenuto loro un corso di educazione stradale, non sono tenuti a sapere che, qui da noi, non si guida ciucchi traditi, ci vuole una patente e non si devono investire i ragazzini che attraversano sulle strisce. Insomma, è colpa nostra.

Così come è colpa dei ciclisti se vanno in giro in una jungla dominata dalle automobili e dai camion: se ne stessero nelle loro riserve, per la miseria! Mi direte che, come deterrente, è stato istituito il reato di omicidio stradale: a parte che, una volta che tuo figlio è morto, temo che il sapere che chi l’ha ammazzato si becchi tre o quattro anni con la condizionale non ti cambi la vita, per evitare gli incidenti, i potenziali investitori vanno fermati prima, non sanzionati poi. Ovviamente mi riferisco anche ai nostri viziatissimi figli di papino, ugualmente letali quando vanno in giro di sera (e pure di giorno).

Ci vogliono controlli a tappeto: ferocemente severi. In realtà, solo una campagna draconiana e randomizzata può mettere un po’ di preoccupazione in questa gentaglia, che crede di vivere in un Paese dove tutto è permesso e non si paga mai. Il che, purtroppo, è verissimo. La mannaia è la risposta: non c’è altra via.

Questo non ci ridarà i nostri figli, ma, forse, tutelerà i figli degli altri. In questo e in molti altri casi è ora di dire basta agli abusi, alle impunità, al permissivismo. E’ ora, in altre parole, di stringere il laccio. E poco cambia se questo non piacerà ai soliti dalla boccuccia a zipolo, a quelli che tifano Caino contro Abele. Io penso a quel ragazzino, alla sua amica rimasta ferita, e cerco di immaginare cosa farei, cosa penserei, se fossero figli miei: e mi monta una rabbia gigantesca. Verso l’ubriaco, verso chi non lo ha controllato e fermato, verso l’ipocrisia di chi sta sempre col torto e mai con la ragione, parafrasando Guccini.

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