FACCI E GLI ALTRI, A CHI IMPORTA DEL PATETICO TEATRINO RAI

Viva la RAI

Quante battaglie nei corridoi

Poveri noi

Se non si mettessero d’accordo alla RAI

Paghiamo allora questo abbonamento

Per mantenerli in salute e in sentimento

Perché oramai

Questo cervello

Avrà un padrone lo sai ?

Viva la RAI

Con il suo impero

Dice la RAI

Soltanto il vero

Viva la RAI

Coi capoccioni e gli operai

Così Renato Zero nel 1982 dava voce a quello che in fondo era chiaro a tutti, già allora. Lui all’epoca era pure stipendiato da mamma RAI, visto che compariva regolarmente con uno spazio tutto suo nella trasmissione “Fantastico 3”. “Viva la RAI” ne era la sigla, ma non stupisce che la parte finale del testo fosse stata tagliata.

A farla breve, mi pare funzioni bene anche da sigla del teatrino messo in scena da qualche mese dalle vecchie cariatidi in uscita più o meno forzata dalla TV nazionale. Un teatrino che in quanto tale impone maschere e voltafaccia, impone che si dica che la RAI è un luogo di potere con cariche politiche, ma anche che non si dica che così è sempre stato.

Funziona allo stesso modo fuori dal recinto RAI, beninteso, nel senso che il teatrino funziona sia in entrata che in uscita, l’obiettivo è comunque lo stesso, riguadagnare un posto al sole là dove i congedati l’hanno perso. Quel posto al sole che prima era santo e intoccabile, perché la TV pubblica non si tocca, almeno finché ti paga e strapaga, e poi all’improvviso diventa illiberale e asservita al potere. Prima no invece, vedi un po’.

A fianco delle Annunziata e delle Berlinguer, dei Fazio e delle Littizzetto, c’è magari l’arrivo della D’Urso, e poi altri ancora, tutti ignari del fatto che a nessuno importa di questa messa in scena. L’effetto è lo stesso del gioco delle coppie o del pettegolezzo su novella o eva quel che è, se solo non fosse che tutti, nessuno escluso, saremmo gli azionisti di maggioranza e i loro datori di lavoro.

L’ultimo a pigliarsi un po’di luce riflessa è questo Filippo Facci, giornalista, opinionista, polemista dice qualcuno, imbronciato un po’ per genetica e un po’ per posa, prima prescelto e poi ripudiato dai vertici RAI per parole e pensieri derapanti nei confronti della ragazza che il piccolo La Russa avrebbe stuprato.

La Meloni istituzionalizzata si schiera a priori con la fanciulla forse violata e che può fare il CDA se non recedere e assecondare? Qualcuno già parla di censura, ma francamente, anche qui, a chi importa?

C’è una cosa che tutti quanti ancora non hanno compreso, la TV come la conoscevamo è morta, già sepolta. Giusto o sbagliato, cordoglio o liberazione, questo è. Ognuno si confeziona la Tv che crede o gradisce o non sa rifiutare e nessuno in fondo s’interessa delle vicende che furono catodiche, giusto gli appassionati di gossip.

Nessuno guarda più Berlinguer e compagnia, forse qualche ultrasettantenne che giustamente non si rassegna, ma è un pubblico a scadenza, con tutto il rispetto e con tutta la possibile nostalgia. Gli altri hanno capito che si può fare di meglio o almeno si può fare a meno del teatrino, davanti e dietro le quinte.

L’ego che ti porta davanti alle telecamere, una volta mortificato slega la bile e l’umor nero, almeno finché non compare un podio o un palcoscenico compensativo, avvicendamento che in genere accade ben prima del lacrimoso congedo e previo adeguamento del compenso naturalmente.

Quando ti danno a intendere che è ora di levare le tende, le ombre calano e il risentimento sale. Mamma RAI che prima accarezzavi, coccolavi, sostenevi, ora è un coccodrillo avido e malefico e allora parte il metoo degli umiliati e degli offesi. Facci prima ancora di cominciare.

Addio piccole comparse, nemmeno in questo teatrino siete riusciti strappare un buon copione. Viva la RAI comunque, quasi sempre e comunque.

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