Grazianeddu si è sempre dichiarato innocente, le ha tentate tutte in nome di una antica nobiltà professionale («l’unica sostanza che un bandito perbene non tratta è la droga») e quando i carabinieri si sono presentati a notificargli la sconfitta definitiva non l’hanno trovato. Il suo avvocato ha allargato le braccia: «Non abbiamo ricevuto nessun documento dalla Cassazione, lui abita a Orgosolo e non ha telefono». Nessuna voglia di essere indulgenti e di costruire lo spot della fuga (chi non ha le phisique du rôle di Steve McQueen si metta in coda) ma i due indizi sono romantici.
Orgosolo in Barbagia è un simbolo, la storia della Sardegna ribelle parte da qui. Sulla tortuosa strada che porta a Nuoro c’è una casermetta dei carabinieri abbandonata e crivellata di proiettili. Prima abbandonata in anni lontani e poi crivellata per diporto? Il pastore a cui fai la domanda risponde con due parole: «Il contrario». E poi è senza telefono, forse l’unico sul pianeta: non conosce le app, non si fa i selfie, non manda i whatsapp, non legge in diretta Severgnini e Serra. Sul pianeta dei Monty Python per prenderlo basterebbe telefonargli, se non risponde è lui.
Mesina è in fuga da una settimana a 78 anni, in fondo ripete con la pedissequa applicazione del tornitore Brambilla la sua vocazione: darsela a gambe. Alla sua veneranda età è praticamente impossibile che torni in prigione, ma non riusciamo neppure a vederlo in affidamento ai servizi sociali, in una biblioteca a catalogare libri sull’arte etrusca e manuali sul potere digitale. Dicono che si sia rifugiato in casa di qualche vecchio amico nel Nuorese dove lo cercano con ampio spiegamento di uomini e mezzi, come si suol dire.
Grazianeddu è latitante da quando è nato nel 1942 in piena Seconda guerra mondiale, ovviamente a Orgosolo, la capitale del Supramonte, penultimo di undici figli del pastore Pasquale e di donna Caterina. Viene arrestato la prima volta a 14 anni per porto abusivo d’armi e scappa per la prima volta qualche giorno dopo. Nel 1962, condannato per banditismo, continua con le sue spettacolari fughe, un intero campionario di genere: in trasferimento dal penitenziario di Sassari si butta da un treno in corsa. Lo riprendono e lui li saluta di nuovo tutti travestendosi da medico e dandosela a gambe dall’ospedale di Nuoro. Rimane due giorni e due notti dentro un tubo nel cortile, poi si cambia e se ne va. Non c’è luogo pubblico che non abbia battezzato, non c’è film hollywoodiano che non l’abbia copiato. La sua vita è praticamente riassunta ne «Il fuggitivo», solo che Harrison Ford è più figo.
Siamo a tre, ma lui cerca il record mondiale. Così evade dal carcere di Sassari e poi da quello di Lecce. Lo rinchiudono a Porto Azzurro ritenendo che sia impossibile scappare. È il 1992 e Grazianeddu si inventa un colpo originale per far breccia nell’opinione pubblica: si candida mediatore per la liberazione di Farouk Kassam, sequestrato a casa sua. Il ruolo è ambiguo, ma le armi che i carabinieri gli trovano in un cascinale di proprietà sono vere: di nuovo dentro. A questo punto la Corte d’Appello di Cagliari lo condanna a 30 anni, ma lui riesce a farne solo 12 perché il presidente della Repubblica Ciampi gli concede la grazia.
È il 2004, per tenere la contabilità delle sue imprese servirebbe un commercialista. Ora le sbarre sembrano un retaggio del passato perché Mesina diventa un personaggio televisivo e comincia anche a rispondere alle domande. Sia chiaro, a quelle di Pippo Baudo non dei marescialli. Poi, come una tegola sulla sua leggenda, arriva l’accusa per traffico di droga. Condanna a 30 anni, ricorso, decorrenza dei termini. Il pasticcio all’italiana si traduce nell’obbligo di firma ogni giorno in questura a Orgosolo in attesa della sentenza di Cassazione. Lui attraversa il corso principale tutte le mattine, i vecchi del paese lo vedono e si scappellano: va a firmare. Un rito che da una settimana non si ripete. Irreperibile. Con due consolazioni per la giustizia italiana: in 78 anni di vita, Grazianeddu ne ha passati 50 in prigione. Sarà anche stato un genio a scappare, ma lo hanno sempre ripreso.