di TONY DAMASCELLI – L’aggettivo di Ciccio Graziani? “Generoso”. Non è cambiato nulla, a parte l’età e la caduta del capello. Francesco Graziani da Subiaco, mese dicembre, giorno 16, del 1952, presenze in campo 531, gol 182, campione d’Italia con il Torino e campione del mondo con la nazionale, continua nei suoi atti di altruismo e posta su Instagram un “corto” che merita l’Oscar di Hollywood, il Leone d’oro di Venezia, la Palma di Cannes e l’Orso di Berlino. Va di sabbia e cemento, li scarica dalla betoniera, a torso nudo spinge la carriola, completa il facimento di un massetto nella dimora di un amico e si rivolge ai suoi colleghi prestipedatori (cfr Brera Gianni): “io ce l’ho con quelli che si lamentano perché giocare al pallone fa troppo caldo, alle cinque e un quarto, alle sette e mezza, alle nove e tre quarti. E’ dalle otto che c’è da fà ‘sto massetto de’ cemento, stiamo a lavorarlo per farlo e a portarlo a destinazione. Se venissero qui affà ‘ste cose qui, io dico che preferirebbero giocà a pallone, sicuro”.
Poi parla con il suo amico Roberto, solleva da una parte la carriola, svuota il carico, sbuffa: ”A Robè che me dici, se lamentano..”, e Roberto conferma: “Se lamentano perché stanno troppo bene”. Ciccio va ancora in gol: ”Guarda qua Robè, sessantasette anni, va in pensione tra qualche mese, dimmi te se una persona così deve stà a lavorà, a farsi er c… . I ragazzi se lamentano, è troppo caldo, vogliono il fresco, l’aria condizionata, ‘sti ragazzi, alzarsi alle 8 de mattina e finisci alle 6 de sera, con ‘sto caldo, io dico che se vengono qui preferiscono giocà a pallone. Vi ringrazio e vi saluto perché qui c’è da lavorà ancora”.
Da calciatore, Graziani non aveva piedi buoni. Da muratore, Ciccio ha mani da leggenda.