GLI OTTENTOTTI E QUELLA PILLOLA CHE NON VA PIÙ GIÙ

Non avendo figli, leggo  e ascolto: giornali, telegiornali, programmi e racconti di parenti e amici che i figli li hanno. Quindi non è che le conosca a fondo, ma sono informato sulle problematiche educative: il rapporto complesso con i genitori e quello sempre più cruento con gli insegnanti, le preoccupazioni per il futuro, distrazioni e cattive abitudini che percorrono la loro quotidianità e si annidano tra il web e i giardinetti, tra i cellulari e i marciapiede. La tematica è vasta e andrebbe affrontata con serietà, con senso di responsabilità, attraverso il recupero di alcuni valori che sono stati per secoli capisaldi della scuola e della famiglia.

Invece no. Non c’è tempo, non c’è modo, non c’è voglia forse, presi come sono – come siamo – tutti a scacciare le ansie piccole e grandi, a inseguire la quadratura dei conti a fine mese. Ci resta giusto lo spazio di un selfie nei momenti di relax, cui gli adulti sono spesso più avvezzi dei giovani. Eppure, c’è chi il tempo lo trova eccome per decidere cosa vada bene e cosa no per adolescenti e teenagers. Beati loro, quelli della BBFC (British Board of Film Classification), il cui lavoro ogni 5 anni consiste nel classificare le pellicole di tutti i tempi a seconda dei loro gusti e dei loro parametri: un po’ come se io aprissi una società dedita a stilare classifiche delle squadre e dei calciatori più forti della storia, vuoi mettere il contributo che darei allo società? E soprattutto ai bar?

Insomma questi parrucconi inglesi, tra un sigaro e un té, hanno declassato “Mary Poppins”. Noi boomers lo conosciamo benissimo “Mary Poppins”, lo abbiamo visto tutti perché uscì nel 1964 in pieno boom, appunto: la splendida Julie Andrews, diretta da Robert Stevenson e prodotta dalla Disney, contribuirono a far diventare quel film un classico per intere generazioni di bambini. “Camcamini, camcamini, spazzacamin”, “Supercalifragilistichespiralidoso” e “La pillola va giù” erano i motivetti che abbiamo sorprendentemente imparato a memoria e canticchiato fino a diventare adulti, sognando la vita accanto a una moglie come Julie Andrews.

Oggi quei quattro pelandroni della BBFC hanno stabilito che il film ha un linguaggio discriminatorio. Per 60 anni è rimasto un film per tutti, con il bollino verde U (immagino stia per universale), invece all’improvviso la storia di una soave, magica tata fuori da qualsiasi schema tradizionale, bella, allegra e canterina, si piglia un bel bollino arancione retrocedendo a PG, parental guidance, ovvero i bambini al di sotto degli 8 anni devono vederlo in compagnia dei genitori.

A far rabbrividire è che la decisione di ridimensionare una delle più belle favole del grande schermo mai realizzate, è stato il vocabolo “ottentotti”, termine dispregiativo storicamente usata dagli europei bianchi colonialisti per riferirsi al popolo Khoikhoi in Sud Africa. Il personaggio dell’attore Reginald Owen, l’ammiraglio Boom (tu guarda la coincidenza: un ammiraglio che adesso diventa Boomer…) usa il termine due volte nel film. Una volta chiede a Michael, uno dei bambini protagonisti, se sta partendo per un’avventura per “sconfiggere gli Ottentotti”; successivamente l’ammiraglio vede degli spazzacamini con la faccia coperta di fuliggine e grida “siamo attaccati dagli Ottentotti” lanciandogli contro fuochi d’artificio. Va detto infatti che Boom è un anziano ammiraglio della Marina nei primi anni del Novecento – epoca in cui è ambientata la storia, come spiega bene “FQ Magazine” – e quindi “la sua figura fa riferimento ad una tipologia di anglosassone conservatore e colonialista. A ciò va aggiunto il tono fintamente autoritario con cui pronuncia le battute e alla caratterizzazione non proprio realistica, anzi, del personaggio. Insomma, cosa dovrebbe preoccupare in battute del genere? I bambini cresceranno come naziskin e andranno in Sudafrica a imbastire stermini?”

Avendo un supplemento di tempo che gli avanzava, i tromboni della BBFC hanno anche rilasciato un commento ufficiale relativo al declassamento da U a PG di “Mary Poppins”, scivolando definitivamente dal ridicolo al grottesco: “Dalle nostre ricerche sul razzismo e sulla discriminazione comprendiamo che una preoccupazione fondamentale per i genitori è la possibilità di esporre i bambini a un linguaggio o a un comportamento discriminatorio che potrebbero trovare angosciante o ripetere senza rendersi conto del potenziale reato”. Non avendo altro né di meglio da fare, questo manipolo di censori probabilmente adesso andrà a rivedersi il remake del 2018 con Emily Blunt e, perché no, tutte le trasposizioni teatrali che in questi 60 anni hanno portato “Mary Poppins” anche sul palcoscenico.

La nostra cara, amata Julie Andrews può consolarsi: è in buona compagnia. Gli scienziati dell’etica di BBFC hanno infatti declassato anche Rocky e Flash Gordon. Ma sì, davvero, non sto scherzando: gli altri due capolavori di Avildsen e Hodges sono scesi da PG a A (non adatti agli adolescenti con meno di 12 anni che, nel caso, devono essere accompagnati da un genitore). Altro comunicato dei cialtroni: “È il risultato dei cambiamenti della società”, hanno spiegato dalla commissione. Sono stati citati, per il declassamento, la violenza moderata, il linguaggio, i riferimenti sessuali e gli stereotipi discriminatori di Flash Gordon (film di fantascienza dal tono leggero e scanzonato, ndr) e agli abusi domestici in Rocky”. Di conseguenza “sui milioni di bambini tra gli 8 e i 12 anni che negli ultimi quarant’anni hanno potuto vedere Rocky e Flash Gordon ancora in fascia PG senza un genitore accanto, i danni saranno stati irreparabili”, si chiedono i colleghi di FQ.

Ho invece un’altra, inquietante domanda per chiudere questa pagliacciata: e se uno di questi fenomeni della BBFC avesse un figlio adolescente che volesse vedere Mary Poppins o Rocky o Flash Gordon, come tutti i loro amichetti…?

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