GLI ITALIANI CHE CI SPIEGANO PRIGOZHIN

La Russia è un Paese enorme, complesso e complicato, pieno di contraddizioni. La verità è che noialtri ne sappiamo pochissimo e quel poco non lo capiamo granchè: nonostante si trovi ai confini dell’Europa, la Russia, dagli Europei, è sempre stata considerata un elemento alieno e misterioso. Figuriamoci per noi Italiani: il popolo più superficiale, provinciale, chiuso nei propri giardinetti culturali di tutto il continente. Eppure, proprio in virtù di questo nostro carattere, diciamo così, leggerino, pretendiamo di disquisire e di giudicare su tutto e su tutti: ci appassioniamo sinceramente a tutto quello di cui non sappiamo nulla e dibattiamo, litighiamo, questioniamo in ogni sede e ad ogni livello, senza possedere neppure i fondamentali per intavolare una discussione.

Figuriamoci se ci facevamo sfuggire un’occasione ghiotta come la guerra russo-ucraina! Gente che nemmeno sa dove si trovi l’Ucraina che si produceva in dettagliate e serissime analisi sul fronte, pronunciando tutti i nomi sbagliati, confondendo il nord e il sud e il Mar Nero col Mar Caspio. Imbelli obiettori di coscienza che non saprebbero caricare una fionda si sono improvvisati esperti di strategia e tattica, tecnici di guerra missilistica, abilissimi pianificatori di electronic warfare. Perché noi siamo così: oggi strateghi e domani, magari, espertissimi di pandemie o di cedimenti strutturali. Un giorno commentiamo dottamente l’implosione del batiscafo e quello dopo la peste suina, senza nemmeno provare un minimo d’imbarazzo, con la faccia seria seria.

Va da sé che l’affare Prighozin, vale a dire questo ingarbugliatissimo scenario, in cui non si capisce se siamo al cospetto di un tentato Putsch, di una farsa preorganizzata, di una manovra di destabilizzazione dall’esterno o di un semplice diversivo, è merce ghiotta su cui l’Italiano medio (e anche medio-alto, ahimè) si è gettato come un orso sul miele. E, data l’occasione importante, ne ha dette di tutti i colori, confondendo Medvedev e Lukashenko, il Donbass e Kursk, e facendo, insomma, il solito pittoresco e formidabile casino. Perché la verità è una: il nostro Italiano è incapace di pronunciare la semplicissima frasetta “Non lo so”. Gli ripugna, gli dà l’orticaria: qualcosa deve dire, qualche commento lo deve fare e un “però” ce lo deve mettere per forza. Altrimenti esplode.

Dunque, dall’analista di livello giù giù, fino al pensionato seduto al bar, passando per i telegiornali e la prima pagina dei quotidiani, è tutta una gara a chi le sballa più grosse: a chi s’inventa la versione più romanzesca. Tanto, non sapendo nulla nessuno, non si rischia la smentita. O, meglio, si vive di smentite: tutti smentiscono tutti. Un po’ come il CAI che, vista la levata di scudi contro l’improvvida sortita sulle croci di vetta, si è affrettato a smentire: tanto, una smentita non si nega a nessuno e, dopo due giorni, chi se la ricorda più? Così, di volta in volta, Prighozin è diventato il salvatore del mondo, un perfido traditore, un mercenario prezzolato al servizio degli USA, della Cina, di Putin stesso. Buono, cattivo, pessimo ma utile, questo signore dall’aspetto assai poco marziale ha incarnato sogni e pensieri di mezza Italia, mentre l’altra metà ha continuato a dormire, con la caponata sullo stomaco.

D’altronde, gli speciali TG, le paginate con lo spiegone, si devono pur fare: mica c’è un terremoto tutti i giorni, e ormai si vota a cadenze piuttosto larghe. Così, adesso, ci becchiamo Prighozin e la sua brigata Wagner, che attraversa mezza Russia tra ali di folla in tripudio, che vince senza sparare e si muove su mezzi veloci, senza copertura aerea e senza carri: tanto, i buoni vincono anche a mani nude, come ci insegnano la storia e Topolino. Salvo, poi, mollare il colpo e amici come prima.

Ce n’è da sconcertare chiunque. Tranne l’Italiano: lui non si sconcerta mai e ha una risposta per tutto. La brigata Wagner è implosa per un difetto strutturale, mentre toglieva la croce dalla vetta del Canto Alto. E così sia.

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