GILETTI, IL MASSIMO DEL SILICONE

Lui no.

Del caso dell’odontoiatra Guido Russo e del suo braccio in silicone abbiamo letto tutti, talmente farsesco che lo chiudi lì, che vuoi scalpellare? Chi davvero può aver interesse o voglia di un’indagine introspettiva sulle intenzioni e sulle interiezioni di una tale buffonata? Dai, la chiudi lì, punto e a capo.

Ma lui no. Lui sarebbe Massimo Giletti, il bellimbusto della TV nazionale, un po’ canonico sul pulpito, stile uccelli di rovo naturalmente, un po’ aspirante James Bond, l’uomo che non deve chiedere mai.

Lui no, fiuta l’opera da tre soldi, mi perdoni Brecht, e l’avanspettacolo. Vuole capire, dice, vuole scavare nell’animo umano dà a intendere, ma in realtà come al solito avverte la possibilità di un ruolo da fustigatore, ingannevolmente gentile, da moralizzatore, e ci si butta a capofitto. Sperando di raccattare qualche zero virgola di pubblico, un obiettivo per cui ci si inventa qualunque alibi.

One man show, al solito, comparse tutti gli altri, figuriamoci il misero siliconato. È giornalismo? Più teatro, direi, che di volta in volta assume toni diversi e interpretazioni altrettante. Una volta l’arringa, una volta il melodramma, a rotazione, ma il mattatore è sempre lui, lui no.

Nella fattispecie, quella del silicone, trattasi di sagra del farsesco, del ridicolo, del prurito indotto. A chi davvero interessa sentire l’odontoiatra che parla di provocazione, di performance, un atto artistico nientemeno, e a chi interessa godersi lo spettacolo di gongolo Giletti che cavilla e incalza, fiero di berlinare il mostro, che ovviamente finisce col coprirsi ulteriormente di ridicolo, accampando precisazioni e bizzarri intenti.

Lui no. Avete visto? Il mostro sostiene la sua linea, ma noi l’abbiamo smascherato, questa la solita morale. La macchietta Guido Russo è la solita pedina necessaria per l’istrione padrone di casa. Manca solo il plastico con la scena del delitto, la scena di questo crimine epocale che ci accompagnerà per anni, chiave del pensiero per il tempo che verrà.

Cosa ci vuoi regalare esattamente Massimo Giletti ogni volta? Una parabola? Sembri il maestro che chiama l’asino alla lavagna, finge di ascoltarne le ragioni, ma una volta terminato il paragrafo, in qualità di officiante si rivolge agli alunni con tono edificante e recita la sua solita parte: con tono di rimprovero, un tono abbronzato e camiciato, ricorda a tutti che così non si fa. Letteralmente, si rivolge ai telespettatori e li coinvolge con il suo proverbiale “guardate”.

Davvero questa volta, come in mille altre, c’era qualcosa da capire? Davvero non ci dormivi la notte, Massimo Giletti?

 

 

 

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