GALLIPOLI, IBIZA DE NOANTRI FUORI DI TESTA

di TONY DAMASCELLI – Nemmeno nel Seicento a Gallipoli si registrò tanta folla come in queste ore di canicola suina. Registrano gli atti che a quel tempo la città salentina fosse centro di grandissimo commercio e i bastimenti attraccassero per offrire e prelevare. Risulta infatti che “…Antonio, schiavo olivastro, fu venduto per ducati 110. Giovane schiavo olivastro per ducati 11. Domingo, schiavo negro con un occhio guercio, per ducati 87..”.

Cinquecento anni dopo, scomparsi i ducati e anche i guerci, si va di altro mercanteggiare, anche cocaina e affinità varie per lo sballo dovuto, popolazione estiva a centomila unità e più, soste selvagge, ristoranti esauriti in tutti i sensi, spiagge violentate, bivacchi notturni, musica a palla, ragazzi stramazzati in ogni dove e vigili che multano i divieti di sosta.

Roba da pazzi, ma questa è Gallipoli oggi, anzi da qualche anno, succursale dannata di Ibiza e Formentera, là dove però la Guardia Civil interviene subito dopo mezzanotte per spegnere altoparlanti e casse acustiche, orden por favor.

Qui no, qui in Salento sono saltate le marcature, pizzica e taranta sono roba per turisti giapponesi e simili, l’inno di Mameli è sostituito da quello dei Manneskin, siamo fuori di testa.

Non riesco a comprendere quale sia il gusto e dove soprattutto alberghi, perché trovare una sedia libera è impossibile, prenotare un posto in pizzeria significa essere rimbalzati a novembre, riuscire ad appisolarsi è come addormentarsi al Bernabeu durante el clasico.

Eppure fiumi di beata (?) gioventù cala quotidianamente, sbarcando a Brindisi aeroporto o Lecce stazione ferroviaria, o comunque a bordo di torpedoni e vetture, vietato l’autostop causa Covid, anche se le mascherine sono scomparse pure quelle da volti stremati con espressioni improbabili.

Si potrebbe dire di un gallipolino imbruttito, ma qui la fauna non è più quella locale: è un multicolor che avrebbe fatto comodo ai mercanti di schiavi del secolo XVII.

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