FLAVIA E ROMANO, AL FUNERALE TORNA LA TENEREZZA

Ci hanno trasmesso a reti praticamente unificate il funerale carico di cavalli, carrozze e teste coronate per le vie di Londra. Ci hanno trasmesso il funerale carico di silicone e di tacchi dodici nel Duomo di Milano. Poi ci hanno girato un breve servizio su un normalissimo funerale carico di tenerezza.

E’ un periodo così, per noi che al momento restiamo qui nella valle di lacrime: ci sfilano davanti tutti i modi possibili e immaginabili di salutare per l’ultima volta chi si è portato un po’ più avanti. Non è il caso di fare classifiche e di alzare le palette, per tutti c’è sperabilmente un Dio che saprà giudicare e classificare. Ma se a noi resta un angolo di osservazione, lo voglio occupare per il funerale di Flavia Prodi, che ha terminato il suo cammino con gli ultimi passi più poetici e romantici, assieme al suo sposo, lungo i fantastici sentieri dei luoghi francescani, tra Gubbio e Assisi.

Degli altri funerali non ho guardato niente. Di questo, ho guardato – per caso, assumendo il dosaggio quotidiano di Tg – i pochi secondi dei servizi rituali. Sono bastati. Hanno diffuso qualcosa di sobriamente semplice e di tremendamente grande, come solo al funerale dell’amore eterno. E’ pur vero che anche Emilio Fede, berciando smodatamente sui social contro l’autista che l’ha lasciato a piedi, ha pianto per non essere arrivato in tempo al funerale del “grande amore”, ma è abbastanza chiaro come si stia parlando d’altro.

In questo funerale emiliano, senza cerimonie di Stato e vanità di mausolei, un uomo ha semplicemente parlato alla sua donna che l’ha lasciato solo negli ultimi anni della vita. Non ha tenuto discorsi memorabili, da consegnare ai giornali e ai testi di storia, ha semplicemente svuotato il cuore. “Flavia, abbiamo condiviso tutto in questi cinquant’anni di vita insieme. Abbiamo vissuto insieme cielo e terra”, ha detto Romano dall’altare, con gli occhi lucidi e la voce tenue, ma senza abbandonarsi alla macabra teatralità dello show. E ha aggiunto con un mezzo sorriso d’adolescente innamorato: “Cinquant’anni più due di corteggiamento. E ho fatto bene. Mai un solo giorno mi sono pentito di averti amata così…”.

Più o meno questo ha detto rivolgendosi alla sua amata. Poi il cardinale Zuppi, con i toni piani dell’amicizia e dell’affetto, con lo sguardo affacciato oltre, più su, più in là, ha ricordato la forza di quella donna e di quel matrimonio.

Poi i saluti degli amici, di Draghi, di Monti, della Bernini, la ministra di quell’università, di quel sapere, di quella cultura che hanno unito tutta la vita di Flavia e Romano, magari senza un solo giorno al Billionaire, magari con tanti giorni a perdersi nelle foreste umbre, comunque una vita, comunque una vita piena, comunque una vita piena di senso. E di amore, sì. Ma certo, usiamolo questo vocabolo, facciamo i bacchettoni e riesumiamolo dagli scantinati in cui l’abbiamo deposto, nell’epoca dell’edonismo spinto e del vuoto mondano.

Non ci sono funerali belli e funerali brutti. Non ci sono funerali migliori e funerali peggiori. Soprattutto, almeno in questi momenti, evitiamo di dire che ci sono funerali di destra e funerali di sinistra. Ogni mondo e ogni famiglia scelgono il modo più consono e più indicato, ai propri valori e alla propria morale. Nessuno, qui, ha il diritto di dire come deve essere il funerale perfetto, già ne abbiamo abbastanza dei wedding-manager che a pagamento ci disegnano i matrimoni perfetti.

Però lo voglio dire, però lo voglio confessare: mentre Romano parlava alla sua Flavia, con quella voce, con quel tono, io ho provato qualcosa di consolante e di struggente. Come un acquarello della vita, che nelle tinte morbide e soffuse contiene promesse e significati profondissimi, davvero affacciati sull’infinito.

Un pensiero su “FLAVIA E ROMANO, AL FUNERALE TORNA LA TENEREZZA

  1. Cristina Dongiovanni dice:

    Ho timore a parlare dell’amore, è un sentimento così sfruttato nella comunicazione che ho sempre paura di sciuparlo. E ho sempre idea che non ci si creda che possa essere, così vero. E invece c’è ed è nel cuore di tanti, senza bagliori, senza proclami. Sta lì, giace nei gesti e nelle parole di tante donne e tanti uomini che lo sentono, che lo vivono senza pesantezza, come se avesse sciolto delle catene, non messe come spesso si dice. Tenerezza si, tanta semplice tenerezza e comprensione per Prodi e anche per Laura, la mia ex droghiera che ieri ha perso Mario, dopo 51 anni, l’uomo che mi regalava sempre una caramella quando andavo a comprare il prosciutto. Forza a tutti quelli che perdono compagni così immersi nella loro anima che divengono parte inscindibile della loro stessa anima. Forza per tutto quello che chi va via continua a sperare e volere per voi. Forza agli esseri umani, che sono tanti, che riescono a vivere per qualcosa di più, con convinzione. Spendendo i propri giorni nella pienezza di valori fondamentali, come l’amore.

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