E’ un periodo così, per noi che al momento restiamo qui nella valle di lacrime: ci sfilano davanti tutti i modi possibili e immaginabili di salutare per l’ultima volta chi si è portato un po’ più avanti. Non è il caso di fare classifiche e di alzare le palette, per tutti c’è sperabilmente un Dio che saprà giudicare e classificare. Ma se a noi resta un angolo di osservazione, lo voglio occupare per il funerale di Flavia Prodi, che ha terminato il suo cammino con gli ultimi passi più poetici e romantici, assieme al suo sposo, lungo i fantastici sentieri dei luoghi francescani, tra Gubbio e Assisi.
Degli altri funerali non ho guardato niente. Di questo, ho guardato – per caso, assumendo il dosaggio quotidiano di Tg – i pochi secondi dei servizi rituali. Sono bastati. Hanno diffuso qualcosa di sobriamente semplice e di tremendamente grande, come solo al funerale dell’amore eterno. E’ pur vero che anche Emilio Fede, berciando smodatamente sui social contro l’autista che l’ha lasciato a piedi, ha pianto per non essere arrivato in tempo al funerale del “grande amore”, ma è abbastanza chiaro come si stia parlando d’altro.
In questo funerale emiliano, senza cerimonie di Stato e vanità di mausolei, un uomo ha semplicemente parlato alla sua donna che l’ha lasciato solo negli ultimi anni della vita. Non ha tenuto discorsi memorabili, da consegnare ai giornali e ai testi di storia, ha semplicemente svuotato il cuore. “Flavia, abbiamo condiviso tutto in questi cinquant’anni di vita insieme. Abbiamo vissuto insieme cielo e terra”, ha detto Romano dall’altare, con gli occhi lucidi e la voce tenue, ma senza abbandonarsi alla macabra teatralità dello show. E ha aggiunto con un mezzo sorriso d’adolescente innamorato: “Cinquant’anni più due di corteggiamento. E ho fatto bene. Mai un solo giorno mi sono pentito di averti amata così…”.
Più o meno questo ha detto rivolgendosi alla sua amata. Poi il cardinale Zuppi, con i toni piani dell’amicizia e dell’affetto, con lo sguardo affacciato oltre, più su, più in là, ha ricordato la forza di quella donna e di quel matrimonio.
Poi i saluti degli amici, di Draghi, di Monti, della Bernini, la ministra di quell’università, di quel sapere, di quella cultura che hanno unito tutta la vita di Flavia e Romano, magari senza un solo giorno al Billionaire, magari con tanti giorni a perdersi nelle foreste umbre, comunque una vita, comunque una vita piena, comunque una vita piena di senso. E di amore, sì. Ma certo, usiamolo questo vocabolo, facciamo i bacchettoni e riesumiamolo dagli scantinati in cui l’abbiamo deposto, nell’epoca dell’edonismo spinto e del vuoto mondano.
Non ci sono funerali belli e funerali brutti. Non ci sono funerali migliori e funerali peggiori. Soprattutto, almeno in questi momenti, evitiamo di dire che ci sono funerali di destra e funerali di sinistra. Ogni mondo e ogni famiglia scelgono il modo più consono e più indicato, ai propri valori e alla propria morale. Nessuno, qui, ha il diritto di dire come deve essere il funerale perfetto, già ne abbiamo abbastanza dei wedding-manager che a pagamento ci disegnano i matrimoni perfetti.
Però lo voglio dire, però lo voglio confessare: mentre Romano parlava alla sua Flavia, con quella voce, con quel tono, io ho provato qualcosa di consolante e di struggente. Come un acquarello della vita, che nelle tinte morbide e soffuse contiene promesse e significati profondissimi, davvero affacciati sull’infinito.
Ho timore a parlare dell’amore, è un sentimento così sfruttato nella comunicazione che ho sempre paura di sciuparlo. E ho sempre idea che non ci si creda che possa essere, così vero. E invece c’è ed è nel cuore di tanti, senza bagliori, senza proclami. Sta lì, giace nei gesti e nelle parole di tante donne e tanti uomini che lo sentono, che lo vivono senza pesantezza, come se avesse sciolto delle catene, non messe come spesso si dice. Tenerezza si, tanta semplice tenerezza e comprensione per Prodi e anche per Laura, la mia ex droghiera che ieri ha perso Mario, dopo 51 anni, l’uomo che mi regalava sempre una caramella quando andavo a comprare il prosciutto. Forza a tutti quelli che perdono compagni così immersi nella loro anima che divengono parte inscindibile della loro stessa anima. Forza per tutto quello che chi va via continua a sperare e volere per voi. Forza agli esseri umani, che sono tanti, che riescono a vivere per qualcosa di più, con convinzione. Spendendo i propri giorni nella pienezza di valori fondamentali, come l’amore.