Fin qui l’alibi pietoso, ma quando arriva il trionfo ecco che i quindici minuti di notorietà previsti da Warhol si allungano, si prolungano, diventano commedie, scivolano nella farsa.
Prendete il popolare Jacobs, l’uomo più veloce dell’Olimpiade. Ha annunciato di avere lasciato Fedez, dico nel senso buono, che ne curava l’immagine ante oro di Tokyo. Sarebbe come se avesse mollato il testimone durante la staffetta trionfale, così almeno sostiene il rapper imprenditore che porta tutto in tribunale, il contratto andava a scadenza nel prossimo settembre, caro Marcell non fare il furbo con chi è più furbo di te.
Non è il caso di contare i neuroni e i secondi da record, ma ci ritroviamo, come in altre questioni relative a campioni dei suddetti sport minori, di un “mi illumino di immenso” imprevisto soltanto da chi non conosce bene il giro del fumo e dei fumosi.
Basta poco per mettere sullo stesso podio calciatori e sodali di altre discipline, un titolo ai Giochi, un oro, scatta lo spot pubblicitario, arrivano gli sponsor, partono le richieste di ospitate televisive, che prima erano gratuite ma dopo il titolo prevedono gettoni d’oro e platino e altro a seguire.
Elementare Jacobs, elementare anche caro Fedez, tutto il mondo è business, se vuoi la bicicletta devi pedalare, i contratti sono stipulati per essere disattesi da entrambe le parti, Jacobs ha traslocato in agenzia inglese, ormai la sua corsa è internazionale, Fedez ha nome, con Ferragni aggregata, ma a leggere bene la parte contrattuale è gestita da tale Berrinzaghi Anna Maria, che sarebbe poi la madre del rapper medesimo, dunque la dimensione casalinga non garba più al muscoloso velocista.
Si finisce ai materassi, accuse, denunce, querele, carte bollate. Storia bella, titolo di una canzone di Fedez. Ma questa è un’altra storia.