E’ SCHLEIN LA LEADER PERFETTA (PER I MELONIANI)

Essendo iscritti del Pd, c’è chiaramente da temere. Proclama la Schlein sui suoi social: “A chi pensa che sia finita, dico che abbiamo solo cominciato”.

E’ umano: un iscritto ancora sotto choc per l’ultima bancata delle amministrative non può non farsi prendere dal panico. Se il tuo (nuovo) segretario ti dice che siamo solo all’inizio, non puoi non pensare all’inizio di altre bancate e dunque non puoi non pensare alle soluzioni più estreme, dalla lametta ai barbiturici. O almeno un po’ di roba pesante.

Poi, con un minimo di calma, fortunatamente il senso reale della dichiarazione riesce a riemergere dalle macerie: la segretaria intende parlare del partito e della sua propria gestione, non finisce niente, siamo solo alle prime battute del grande lavoro.

Per quanto ben diversa, la questione non è comunque più rassicurante: anche se il lavoro è solo all’inizio, sembra già a buon punto per dimostrare che non promette per niente bene. Così come non suona per niente bene l’acrobatica arrampicata sugli specchi della leader dopo la sconfitta: dice in sostanza che questo risultato non dipende da lei, ma è l’inevitabile conseguenza (l’onda lunga) della gestione precedente. Domando per un amico, senza malizia: ma in caso di vittoria, la Schlein avrebbe ugualmente accreditato il successo alla gestione precedente, o magari sarebbe venuta a raccontarci che era il primo risultato del grande cambiamento e della sua nuova gestione?

Dirà lei. Alcuni dei suoi sono già furibondi per questa idea di scaricare il barile sui predecessori. Una parlamentare twitta più o meno questo concetto: “Quando ha perso, Letta non è stato a cercare scuse o capri espiatori: l’ha ammesso e si è preso le colpe, fine”.

Va dato atto che non è comunque la Schlein ad inaugurare questa tendenza: da sempre la vittoria ha mille padri e la sconfitta è figlia di enne enne. Stupisce, se mai, che proprio lei, arrivata al soglio con l’aureola del nuovo e del diverso, alla prima occasione sia già bella omologata al vecchio stile.

E comunque: in cerca di colpe e colpevoli, la nuova segretaria sembra un po’ svagata. Dico: vinci nell’unica città – Vicenza – in cui un candidato d’area (Possamai) si maschera dentro una lista civica, vietandoti categoricamente di mettere piede in città anche solo per portare i saluti, e tu segretaria del rinnovamento non ti poni una domanda? Ci sarebbe anche la risposta, ma almeno la domanda, fatti la domanda. Niente. Non si fa nemmeno quest’altra, più generale, come domanda: in un periodo come questo, flagellato da mille piaghe bibliche, tu non fai che parlare di uteri in affitto, matrimoni gay, diritti dei transgender, eccetera eccetera. Tutto nobile e sacrosanto, figuriamoci. Ma non così prioritario ed essenziale, nell’animo degli italiani. Dico: ma davvero non ti viene in mente che forse, magari, chissà, l’indifferenza dell’elettorato – della tua stessa base – derivi proprio da questo, dalla tua incapacità di fiutare il senso del tempo, dal tuo scollamento dalla rude realtà, da questo fatto che parli cinese in un congresso di neozelandesi?

A quanto pare, non sono dubbi e analisi che interessino alla leader di buona famiglia. Lei è solo all’inizio e non ha intenzione di lasciarsi intralciare, da niente e nessuno. “Non statemi tutti addosso”, bercia ai suoi che chiedono conto, un po’ risentita e un po’ isterica.

In lontananza, ancora più alto sale il grido del centrodestra, per una volta unito, a una sola voce: basta discussioni, giù le mani dalla Schlein, lasciatela lavorare. Sta andando benissimo così.

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