E COMUNQUE IN ITALIA PAGA SEMPRE PIU’ IL RAPINATO DEL RAPINATORE

Di sicuro, Mario Roggero (nella foto) è un uomo esasperato. Lo era anche prima dei fatti del 28 aprile 2021: quel giorno a Gallo di Grinzane Cavour, in provincia di Asti, pistole alla mano piombarono nella sua gioielleria due rapinatori (un terzo li attendeva in auto) i quali legarono ai polsi la moglie e la figlia, minacciandolo di morte e malmenandolo prima di scappare con il bottino. Era la nona volta in vita sua che Mario Roggero subiva assalti in gioielleria, mentre in altre 4 occasioni i ladri avevano fatto irruzione in casa. Nel 2015 era stato massacrato dai malviventi, riportando fratture alle costole e del setto nasale, dopo di che i balordi fuggirono con 200.000 euro.

Così, la mattina del 28 aprile 2021 il gioielliere non è rimasto con le mani in mano: ha inseguito gli aggressori e li ha freddati in mezzo alla strada, ferendo il “palo” che riuscì a fuggire sgommando via. La rabbia di Mario va a ritroso, se è vero che anni fa minacciò con la pistola uno sgradito corteggiatore della figlia.

Il giudice della corte d’assise di Asti lo ha condannato a 17 anni di carcere, ma il gioielliere resterà libero fino all’appello e all’eventuale ricorso in Cassazione: “Non è stato un eccesso di legittima difesa, ma una vera e propria vendetta”, la motivazione del pm (che di anni ne aveva chiesti 14).

Dal punto di vista giuridico, il caso non è poi così complesso né contraddittorio: l’uccisione dei due uomini avvenne quando il loro crimine era terminato, inseguirli e sparargli aveva quali uniche motivazioni il recupero del maltolto e – appunto – la vendetta.

A parte i membri della corte, stiamo (quasi) tutti dalla parte dell’esasperazione di Mario, ma lo siamo umanamente, perché i Charles Bronson che si fanno giustizia da soli agiscono al di fuori della legalità. E’ un concetto sofisticato quello che distingue l’operato dell’aggredito nei confronti dell’aggressore, ci confonde in Ucraina come a Gallo di Grinzane Cavour.

Le pistole dei rapinatori sono risultate essere giocattoli, ma questo Mario ovviamente non poteva saperlo e comunque cambia poco: la dinamica dei fatti lo ha inchiodato sbriciolando la tesi difensiva per cui, con la vista annebbiata dalle percosse subite nel tempo e il sangue in ebollizione (pensando che la moglie fosse stata rapita dai fuggitivi), li ha inseguiti freddandoli senza esitazione.

Ripeto che stiamo tutti dalla parte di Charles Bronson, è inevitabile il sollievo che proviamo quando qualcuno si ribella ai carnefici, i quali tra parentesi sanno bene che morire fa parte dei rischi del mestiere. Come purtroppo sanno bene anche i gioiellieri.

E’ invece arrendersi all’opinione che abbiamo sulla giustizia che risulta complicato, come lo psicologo Alberto Vito ha scritto su queste colonne, citando anche l’Unione Europea sempre più perplessa sullo stato di diritto italiano. Perché se è vero come è vero che il codice prevede quello che il giudice di Asti ha sentenziato, a norma di legge appunto, dobbiamo capire perché altri generi di assassini, delinquenti, stupratori se la cavino abitualmente con poco. Molto poco. Giusto per restare nell’orbita di Mario Roggero, i suoi aguzzini del 2015 furono arrestati e condannati a 2 anni con la condizionale (“Ma uno non so nemmeno se sia stato effettivamente condannato”, ha detto il gioielliere).

Il problema è questo: se non è sbagliato punire l’eccessiva, feroce ribellione di un uomo ben 13 volte vittima di “spaccate”, è sbagliato punire morbidamente chi spacca. In appello e in Cassazione qualcuno questo elementare squilibrio lo dovrà colmare.

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