DOVE IL DIARIO NON E’ PIU’ UNA QUESTIONE PRIVATA

A Pieve Santo Stefano, provincia di Arezzo, esiste un museo commovente e speciale, costituito dalle testimonianze autobiografiche di tantissimi sconosciuti. Si chiama “Piccolo Museo del Diario” e contiene circa 8000 diari privati.

Inaugurato nel 2013, nasce da un’idea del giornalista Saverio Tutino, che già negli anni Ottanta aveva costituito un Archivio dei Diari. L’opera che incuriosisce di più è il Diario di Clelia Marchi, una contadina che nel 1972 dopo la morte del suo amato scrisse la loro storia nell’unico spazio a sua disposizione, ovvero il lenzuolo matrimoniale del corredo, volutamente inutilizzato dopo il decesso del marito.

Il genere letterario del diario quasi mai è formato da una mera elencazione di avvenimenti o attività. Nel diario sono riportate le emozioni, le riflessioni, il vissuto che accompagna ciò che è narrato. Colpisce che l’insieme di tanti racconti privati, scritti magari per un unico lettore immaginario, oltre al valore emozionale, diventi uno straordinario strumento a disposizione degli storici per comprendere l’evoluzione del nostro Paese.

Non ho visitato il museo, ma mi riprometto di farlo. Come ne sono venuto a conoscenza? Il manoscritto del padre di una mia cara amica, scritto durante la deportazione in Germania dal 1943 al 1945, è tra gli otto finalisti del premio nazionale organizzato dal Museo, che si terrà a metà settembre. Tra l’altro quest’anno la manifestazione è dedicata al centenario della nascita di Tutino.

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