DIFENDERE GLI ANIMALI AUGURANDO LA MORTE AGLI UMANI

Ci sono casi in cui la cronaca non è semplicemente racconto del presente, ma diviene una vera e propria allegoria del mondo in cui viviamo: in altre parole, può capitare che la cronaca, da sistema minimo qual è, ci costringa a riflettere sui massimi sistemi. E’ il caso di questa storia, tanto triste e brutta quanto efficace nello spiegarci gli intollerabili paradossi della nostra società.

Il fatto è piuttosto semplice, come riportato da vari giornali: una famiglia veronese, per sbadataggine, ha dimenticato il proprio cane, cui tutti erano particolarmente legati, nel bagagliaio dell’auto. I proprietari erano convinti di averlo fatto scendere e di averlo lasciato a casa, col condizionatore acceso: invece, Argo (questo il nome del bellissimo cagnone) era chiuso in quello spazio angusto, in un’auto lasciata per ore sotto il sole. Ed è morto. La signora, formalmente intestataria del microchip canino, è stata subito indagata per maltrattamenti ad animali, ma pare che non vi sia stato alcun dolo, quanto, solamente, dolorosa distrazione: in questo senso si è espresso anche il veterinario dell’USL veronese. Sarà la legge a decidere, naturalmente. Tuttavia, la vera notizia non è questa: purtroppo, episodi del genere accadono, vuoi per scarsa attenzione, vuoi per la distrazione derivante dallo stress. Insomma, capita, anche se non dovrebbe capitare. Come sappiamo, è capitato persino con dei figli.

Quel che, invece, mi ha fatto riflettere è stata la reazione degli animalisti in rete o, meglio, di alcuni di loro, che hanno coperto i proprietari del cane di contumelie, arrivando ad augurar loro di crepare tra atroci sofferenze e, in qualche caso, a minacciarli di morte. Dai social, si è riversata sui malcapitati un’ondata di furore feroce: un mare di rabbia e di odio. E qui io vedo l’allegoria dei tempi: il grottesco paradosso. Difensori degli animali che non esitano ad augurare il peggio all’animale più evoluto di tutti: pacifisti col fucile, gente che, in nome dell’amore, scatena un odio implacabile. Perché è questa la verità distorta dei nostri tempi: una realtà che passa attraverso le lenti deformanti di ideologie che, di fatto, sono superstizioni.

Purtroppo, è un paradosso che viene da lontano: lo so che sembrerà incredibile, come tesi, ma io credo che provenga dai totalitarismi del Novecento, che, epistemologicamente parlando, sono all’origine di tante nostre magagne. E’ stato allora che la logica cristallina ha lasciato il posto all’illogicità fideistica. L’esempio più semplice mi pare quello dell’impedire, in nome della democrazia, che chi non la pensi come noi esprima democraticamente il proprio pensiero: voi riderete, ma, ancora negli anni Settanta, nel mio liceo, questa formidabile violazione di ogni processo logico era di gran moda.

E, così, controsenso per controsenso, arriviamo agli animalisti che vorrebbero la morte di esseri umani che, per colpa o per dolo, hanno ucciso un cane: va da sé che gli stessi animalisti possano essere sinceri libertari e credere la pena di morte un insulto al diritto e alla giustizia.

Insomma, il solito vecchio sistema dei due pesi e delle due misure: quello per cui la Francia non ci restituisce, in nome della libertà di pensiero, quei dieci simpaticoni di terroristi, che, non si capisce bene in nome di cosa, hanno ammazzato delle persone innocenti. Certo, qui il caso è diverso: ma nemmeno poi tanto. Il sonno della ragione genera ancora mostri.

Un pensiero su “DIFENDERE GLI ANIMALI AUGURANDO LA MORTE AGLI UMANI

  1. Camilla A. dice:

    Ah sì, quelli che difendono la vita invocando la morte altrui sono una simpatica categoria. Molto trasversale, peraltro: li trovi in qualsiasi punto dello spettro politico, anche se verso gli estremi diventano più chiassosi e più consapevoli (cioè, lo fanno sentendosi fighi, investiti di chissà quale missione purificatrice).
    Se posso offrire la mia opinione, io ci vedo dietro una dinamica che affonda le sue radici nella notte dei tempi: i totalitarismi possono averle dato una veste di finta rispettabilità ed un armamentario retorico, ma la voglia di lanciare la prima pietra è vecchia come il mondo. Credo che alla base ci stia la tendenza umana a volerci credere migliori di quello che siamo e ad usare qualsiasi trucchetto pur di riuscirci: una roba del tipo “se loro sono cattivi, e io ne invoco la punizione, allora sono buono per forza”.
    Ma non escludo la frustrazione, la dissonanza cognitiva, il piacere sadico di potersi atteggiare a giudice e pure a boia se la circostanza lo richiede (e se non schizza il sangue, che quello sporca), il conformismo e la pura e semplice mancanza di immaginazione ed empatia.
    Comunque: c’è una soluzione per relazionarsi a queste persone che non sia il “mannaggiateeachitipagalaconnessioneainternet”?

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