COSA TENGO, COSA BUTTO NEL MALINCONICO GIOCO DI CAPODANNO

Con l’età passa in archivio la lista dei buoni propositi di fine anno: è un foglio sgualcito che tiravo fuori dal cassetto ogni 31 dicembre e per lo più me la leggevo durante la messa delle 18. La smetto di imprecare contro i tonti al volante, fisso un budget settimanale inderogabile per le sigarette e i vizi in generale, mi trovo una fidanzata che duri più di una notte e quelle robe lì che si pensano, si dicono, impegnano a Capodanno e affogano poi nell’ultimo bicchiere all’alba del primo gennaio. Invece quel foglio, dicevo, è finito in mezzo alle scartoffie e non lo leggo più, così il budget per i vizi si è dilatato a dismisura, nel tempo, le code in auto si formano perché il primo è un ebete, poi dopo un tentativo di andare all’altare durato un paio d’anni, sono tornato a bambole non gonfiabili né di gomma, ma bambole comunque.

Mia madre ha vissuto i suoi ultimi anni in Liguria con mia sorella e io sto a Milano. Una volta mi disse: “È un po’ che non mi presenti una tua compagna”. Le risposi appunto che lei abitava a 3 ore di auto da casa mia e le mie relazioni duravano perlopiù un paio d’ore, quindi non c’era proprio il tempo materiale di arrivare…

Di buono c’è che i progetti li ho condotti in porto tutti, dopo i 50: quelli andati bene, quelli barcollanti e quelli crollati, ma li ho realizzati comunque. La maturità, si dice. In realtà penso abbia un ruolo chiave sopratutto la stanchezza: a un certo punto della vita non hai più voglia di perdere tempo ed energia, se dici una cosa la fai e basta. Molto più che da giovane.

Non è passata invece la naturale, fisiologica predisposizione ai bilanci. Temporali e provvisori, definitivi senza scampo. Quella non è una consuetudine, piuttosto una fonte naturale che sgorga dallo stomaco più che dal cervello, all’appropinquarsi di ogni anno nuovo.

La prima riflessione è dedicata a Dio che ha deciso di farmene vivere un altro, speriamo per intero fino al prossimo e quelli dopo ancora, e che salvo acciacchi sparsi la tenuta stagna in generale sta in piedi. Se ne vanno in tanti, sempre di più mano a mano che invecchi e se – come me – ti ha sempre interessato tutto nella vita, lo sport, il cinema, la musica, lo spettacolo, la storia, la cultura e insomma leggo tutte le pagine di un quotidiano comprese quelle di economia, ecco in questo caso ogni scomparsa è una coltellata. Una fetta della tua esistenza scaraventata nel nulla. Aiuta molto, nella fattispecie, credere in qualcosa di superiore e ultraterreno, perché rasserena il concetto di ineluttabilità della morte e anzi comincia quasi a incuriosirti.

Piango, confesso, i ricordi legati a Pelé, alla regina Elisabetta, Mihajlovic, Sidney Poitier, David Sassoli, Monica Vitti, Ray Liotta, Olivia Newton John, Piero Angela che è stata davvero una perdita feroce. Poi, per dire, il fichissimo Bruno Arena, la signora in giallo, Kirstie Alley, Lando Buzzanca per le modalità così tragiche rispetto ai sorrisi che ha strappato nella lunga carriera. Pezzi che vengono a mancare, emozioni che si allontanano per sempre inghiottiti dagli anni e dai Capodanni che si succedono.

Mi inquietano peraltro alcuni altri che invece restano vivi, senza fare nomi naturalmente tranne quello di Putin, sempre più attivo e cattivo, secondo gli insondabili disegni divini, che si prendono i migliori e se ne guardano bene di dedicarsi ai peggiori. Disegni sempre più complicati da interpretare, quelli di nostro Signore, anche per colpa di capi di Stato come quello russo.

Mi ha appassionato per decenni la politica, poi tra la prima e la seconda Repubblica ha iniziato a disgustarmi più delle nefandezze calcistiche di matrice italiana. Quindi, così come sorridevo agli strali di Berlusconi circa un improbabile ritorno del comunismo, oggi mi fa un po’ sorridere quell’etichetta fascista appiccicata alla Meloni, la quale mi stuzzica in quanto prima donna leader della storia e io ho più fiducia nelle donne che negli uomini (fatta eccezione per le signore tipo Qatargate, sì insomma quella fata di Eva Kaili che in altri tempi e in altri modi mi avrebbe tolto il sonno). Alla destra e alla sinistra in politica ho smesso di credere dai tempi di Giorgio Gaber, e oggi avrei voglia solo di un po’ di equa stabilità.

Del calcio, del pallone che amo, terrò stretto il ricordo di Argentina, Real Madrid e Milan. Per uno strano caso niente affatto strano e tanto meno un caso, i Mondiali, la Champions e lo scudetto italiano non li hanno vinti le più forti, ma le migliori. Un magnifico inno alla meritocrazia, ormai dogma latente su questa terra inquinata e accaldata.

I progetti, infine. Iniziare a scrivere un nuovo libro, una raccolta fondi importante per due istituzioni che mi stanno a cuore, un evento sull’ecologia a Brescia con un testimonial di eccezione, il mio amico Diego Abatantuono, col quale condivido anni e anni di vita, ma non la sua paura per il tempo che passa.

Auguri a tutti i miei amici, in ogni caso, ai parenti e a voi che ci seguite su @ltroPensiero. Se non lo avete archiviato, tirate fuori quel foglietto la sera del 31 dicembre e concentratevi sui buoni propositi, prima che affoghino nello champagne. È un modo come un altro per sentirsi positivi, più leggeri. Il foglietto, intendo. Ma naturalmente anche lo champagne che – se buono – risulta di norma più efficace.

Un pensiero su “COSA TENGO, COSA BUTTO NEL MALINCONICO GIOCO DI CAPODANNO

  1. Cristina Dongiovanni dice:

    Auguri a tutta la redazione. Il tempo trascorre, non muta. Cambiamo noi, ma se ci va bene… in meglio. Nessun buon proposito, a parte mantenere il sorriso.

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