COSA DIRE ALLO ZIO BILL

di GHERARDO MAGRI – Bill Gates chiama Conte, diventato “Giuseppi” per gli interlocutori a stelle e strisce. Con l’altro americano, il biondo, a Conte era andata pittosto bene, avendo portato a casa un aiuto da 100 milioni di dollari seduta stante, più altre cose. Si parlavano però da politico a politico e la richiesta di aiuto era venuta dall’Italia.

Con il grande filantropo miliardario sarà un’altra cosa. Intanto l’iniziativa l’ha presa lui, il fondatore di Microsoft, e si sa già che la discussione verterà sulla proposta di finanziare il nuovo vaccino e decidere gli investimenti necessari, gli assegni sono già pronti. Il vantaggio è di conoscere gli obiettivi, in teoria è ancora più facile dell’altra volta. Ma lo svantaggio, ora, è di avere un interlocutore che ha le idee chiare, da vero leader, che stimolerà risposte e piani altrettanto precisi.

Una preghiera, quasi un’invocazione al nostro Presidente del consiglio.

Cerchi di essere efficace nella comunicazione. Non si perda a spiegargli il DCPM, che anche gli italiani hanno fatto parecchia fatica a capire, non gli parli col suo eloquio arzigogolato da avvocato, provi ad andare al sodo.

So bene che si è esercitato in questi mesi con le videoconferenze, ma si sforzi di parlare con il cuore e – naturalmente – con le tre cifre che contano. Poche cose, concrete, che convincano. Non è a Bruxelles, non ci sono di mezzo il Mes o gli eurobond, nel ginepraio europeo dove si combatte a colpi di politichese e di ripicche. Di fronte avrà un uomo determinato, capace di gestire situazioni globali, che si è focalizzato su un solo obiettivo nel secondo tempo della propria vita: aiutare gli altri.

E noi di aiuti ne abbiamo dannatamente bisogno. Ci vuole molta dignità nel porgere il cappello, ma anche un po’ di spregiudicatezza nell’evidenziare bene le nostre toppe nei pantaloni. Magari, già che c’è, provi a farsi dare un consiglio al volo (“quick win” le chiamano da quelle parti) su qualche ritocco della Fase 2. Sa bene che, Bill, le nostre 40 task force se le mangerebbe a colazione, anzi all’American breakfast. E se, nella malaugurata ipotesi che si concluda con un nulla di fatto, venda almeno al meglio l’immagine del Belpaese, che non fa mai male.

La ringraziamo in anticipo per l’impegno. E non si preoccupi se le opposizioni – esterne e interne -, gli rinfacceranno che avrebbero voluto esserci anche loro alla videotelefonata, magari anche solo nell’angolino in basso del monitor.

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