CORONA, RICCI, GIAMBRUNO: COSA SIGNIFICA ITALIA, OGGI

Pensieri sparsi ma ordinati, impilati e selezionati, messi l’uno di fila all’altro.

Pensiero numero 1. Titolo: Scacco ai re con Corona. Le sue pseudo rivelazioni stanno mettendo a soqquadro il mondo del calcio, che dolcemente appisolato sui suoi bilanci da incartarci il pesce, sono travolti dal ciclone Fabrizio Corona, per i più Furbizio, per molti altri meglio non riferire.

Bene, il mondo del calcio negli ultimi quindici anni si è attrezzato con truppe cammellate di marketing manager che avevano un unico compito: arginare e allontanare dai loro giocatori i giornalisti. Guai provare a frequentarne uno. Guai intervistarne uno senza che la società ne sappia qualcosa. Guai provare a chiedere di intervistare Tizio se la società ha deciso che quel giorno è disponibile solo Caio. Insomma, la nuova linea editoriale non è più dettata dai direttori di testata o dai capiservizio, ma dai medesimi manager di club capaci di amministrare con assoluta maestria fatturati milionari di debiti. Il risultato? È sotto gli occhi di tutti: i giocatori non sono più inseguiti dai giornalisti, ormai dispersi per sempre in locande fumiganti di ricordi passati, ma da ricattatori e allibratori, pusher e Corona. Proprio un bel risultato.

Pensiero numero 2. Il cono di Giambruno. Ai coni di gelato Giamburrasca Gianbruno ha sempre preferito i coni di luce. Si è sempre voluto un sacco di bene. Si è sempre piaciuto un sacco, per il suo pacco e il suo ciuffo, che per lui forse sono sempre stati la stessa cosa. Del nostro Andrea si sta scrivendo da tempo, ormai si sono tolti gli ormeggi e vedrete che verrà fuori di tutto, cose che nemmeno noi umani avremmo immaginato. Ma di questa storia mi colpisce anche un altro fatto: in un Paese nel quale il politicamente corretto è ormai stato elevato a diktat irrinunciabile quanto il diritto alla privacy e alla propria idiozia, tutto questo vale però solo fuori dagli studi televisivi. Se si ha un fuorionda Rai o Mediaset, La7 o una tivù privata tutto va bene. Antonio Ricci ha la dispensa, perché per la tivù è un papa, rigorosamente con la “p” minuscola. Può indisturbato fare quello che meglio crede, quando meglio crede e come vuole. Provate a mettere una telecamera in una piazza di Milano o di Roma. Provate a proporre di mettere delle telecamere se non in un ospedale ma in un pronto soccorso. Provate a metterla nell’aula di una scuola, vista l’aria che tira e come vengono trattati i professori. Insorgerebbero tutti, dagli studenti ai genitori, financo ai presidi e probabilmente anche la maggior parte dei professori. Negli studi televisivi, invece, tutto è possibile. È una zona franca. Mi sembra ormai chiaro: chi va a lavorare in televisione deve sapere che si è controllati h24 dal Grande Fratello catodico, che è sempre in agguato. Se ti scaccoli nel fuori onda sei fottuto per sempre: semplicemente perché sei osservato da un ficcanaso.

Pensiero numero 3. La situazione è fin troppo chiara: il nostro Paese è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, ma in mano ai ricattatori (pensiero 1) e agli spioni (pensiero 2). Come mi manca il bonario cinismo di Nanni Loy e del suo “Specchio Segreto”. Come mi manca quella brioche inzuppata all’improvviso nel cappuccino dello sconosciuto di turno. Scherzi da prete, si diceva. Oggi ci sono i Corona, i Ricci, i Giambruno garruli e arroganti, e uno specchio segreto che riflette il peggio di noi, che nemmeno riflettiamo (pensiero numero 4).

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