STAINO E IL REVISIONISMO CUBANO

Era il luglio 2021: il nostro Pier Augusto Stagi così raccontò Staino, o meglio, lo spessore di Staino. Adesso che il vignettista è morto, riproponiamo questo articolo, senza aggiungere e senza togliere niente, sicuri che valga più di tante celebrazioni agiografiche e di maniera.

Non è una questione di punti di vista, ma di lenti e nel suo caso – mi riferisco a Sergio Staino – di colore rosa, che rendevano il mondo di Cuba affascinante e attrattivo. «Nel 1959 avevo diciannove anni. Castro girava in camicia militare, circondato dal Che, e sprigionava fantasia, sberleffo, libertà. La sua era una rivoluzione che rompeva il perbenismo comunista al quale eravamo fin lì abituati. Sedusse una generazione», spiega.

Lenti rosa, che rendono un mondo azzurro pastello, bello e suggestivo. Ma oggi l’ottuagenario papà di “Bobo” ha una visione di Cuba ben diversa, che stride con i Gianni Minà e il silenzio politico di questi giorni. Staino, colpito da una degenerazione retinica che l’ha reso quasi cieco, oggi vede una Cuba ben diversa. «Sono stupito del ritardo con cui è esplosa la protesta. Nei Paesi dell’Est scoppiò trent’anni fa, qui soltanto ora. Credo dipenda dal fatto che Cuba ha una storia originale. Non è una rivoluzione importata tipo leninista, ma fu il rovesciamento di una dittatura sanguinaria com’era quella di Fulgencio Batista. L’obiettivo era la democrazia».

Ma Staino riconosce apertamente di non avere avuto solo le lenti di color rosa, ma in un certo periodo storico di avere anche chiuso gli occhi. «Nei miei primi viaggi ero colpito dalla presenza della polizia ad ogni angolo, ma sorvolavo – racconta a Vecchio, de “La Repubblica” -. Agli inizi degli Anni Ottanta l’“Unità“ mi mandò a fare un reportage a fumetti. Venni invitato da delle suore italiane, che mi suggerirono di dire al tassista di lasciarmi a qualche isolato di distanza dal loro edificio. “Perché?” domandai. “Qui tutto è controllato”».

Poi, oggi, toltesi le lenti rosa, racconta senza esitazione che i cittadini del posto non potevano frequentare i locali e gli alberghi, e che all’interno era pieno di ragazze che si prostituivano. Alla domanda di Vecchio: lo documentò? Staino è categorico: «No, nella mia striscia descrissi i giovani che tagliavamo la yuca e raccontai dei medici che Castro mandava in Senegal a curare gli africani».

Staino ammette senza reticenze che in quel periodo aveva ancora le lenti rosa, e poi una sera quelle lenti diventarono molto molto più chiare, come per una magia fotocromatica.  «Una sera ero a cena dal regista Tomas Gutiérez Alea, quello di Fragola e Cioccolato. Gli facevo continuamente delle domande. E lui, e gli altri suoi ospiti, cambiavano discorso. A un certo punto si spazientì: “Ma voi italiani avere la mania di parlare di politica!”. Dopo mezzanotte il salotto si svuotò. Guitiérez mi prese in disparte: “Ora che se ne sono andate le spie del regime di posso rispondere: “Potevamo essere il paradiso, e invece siamo in mano all’esercito”». E quindi? «Confidavo in una mobilitazione nazionale e internazionale. Invece vedo un grande silenzio. Anche da parte del Pd. Il perché? Apatia, conformismo. Bisogna denunciare questi falsi regimi comunisti, anche quello di Maduro in Venezuela, che i grillini celebrano come un’avanguardia. A Cuba va introdotta l’economia capitalistica, la democrazia».

Vecchio gli fa presente che Fausto Bertinotti invoca per Cuba una seconda rivoluzione e Staino, anche in questo caso, ha le idee piuttosto chiare: «Mi sembra la pazzia più totale. Non ha capito che l’errore è nell’origine: è in Lenin. Maledetto 1921! A Livorno avrei votato anch’io per la scissione, invece aveva ragione Turati». E l’embargo americano? «Se Fidel si è visto costretto ad abbracciare l’Unione Sovietica è tutto merito dell’embargo americano. Se non ci fosse stata questa azione distruttiva degli Usa probabilmente oggi Cuba sarebbe una democrazia».

È solo un punto di vista, come tanti, anche se questo ha un peso politico specifico importante, tutt’altro che banale. Sergio Staino, l’uomo con le lenti rosa, ha perso gran parte della vista, ma la situazione cubana, allontanandosi, l’ha messa a fuoco bene. È chiaro che sarà oggetto di critiche come il mai troppo compianto Gianpaolo Pansa, tacciato di essere stato un incauto e folle revisionista. La patente di traditore e vecchio trombone è assicurata, ma nella vita c’è chi cambia spesso montatura degli occhiali e chi, invece, ha la forza di cambiare solo le lenti, anche se oggi per lui il giorno ha i colori della notte.

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