CONSUMO DI SUOLO, SUICIDIO ALL’ITALIANA

Pochi giorni fa il governo venezuelano capeggiato da Nicolas Maduro ha autorizzato l’Iran a coltivare oltre un milione di ettari di terreni agricoli in Venezuela.

Lo ha dichiarato il viceministro iraniano per gli affari economici Mohsen Kousheshtabar, citato dall’agenzia iraniana “Tasnim”.

Nello scorso giugno, il presidente venezuelano Nicolas Maduro durante una sua visita a Teheran ha firmato un accordo di partenariato ventennale sulla cooperazione con la Repubblica islamica in vari settori. L’accordo prevede partnership nei comparti tecnologici, agricoli, energetici, della petrolchimica e del turismo.

In questo periodo storico si sono intensificati sia gli aiuti umanitari che la Repubblica iraniana ha destinato al paese sudamericano, sia gli accordi di cooperazione nel settore petrolifero che hanno permesso alla compagnia petrolifera statale venezuelana Petroleos de Venezuela, di raddoppiare la sua produzione di greggio grazie all’aiuto tecnico dell’Iran.

Il Venezuela e l’Iran si alleano ora per fronteggiare anche la crisi alimentare globale, con il governo socialista di Caracas disposto a cedere un milione di ettari delle sue terre a Teheran per scopi agricoli.

Nell’incontro di giugno al palazzo Sad Abad di Teheran il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha chiesto a Nicolas Maduro un aiuto particolare per far fronte alla ridotta disponibilità di cereali che sta colpendo il suo Paese.

Maduro ha spiegato che in Venezuela ci sono più di 30 milioni ettari di terra disponibili per scopi agricoli.

La cessione di terre agricole a un altro Paese non è una pratica geopolitica innovativa, alcuni paesi arabi, ormai da parecchi anni, lo praticano nel corno d’Africa, la Cina ha enormi possedimenti terrieri in moltissimi paesi africani dove vengono coltivati cereali e sono presenti allevamenti avicoli.

Una pratica che viene meglio conosciuta con lo pseudonimo di ‘land grabbing’.

Le nuove strategie geopolitiche si intersecano sempre più fittamente con le nuove esigenze agricole, si pensi ad esempio al Brasile di Bolsonaro, che continua a rimanere in posizione neutrale rispetto a Putin per poter continuare a importare i fertilizzanti russi necessari per garantire la sua maxi produzione di soia e carne.

Il suolo agricolo sta diventando la vera ricchezza di un popolo, definendosi come vera e propria merce di scambio tra le nazioni.

Per l’Italia, come al solito, il tema non trova spazio nell’agenda politica.

Avendo abdicato da tempo ad avere una parvenza di sovranità alimentare, rimaniamo al traino delle nazioni da cui storicamente importiamo materie prime agricole, trascurando l’ipotesi che le tensioni politiche, sempre più acute e diffuse, possano portare a chiusure più o meno parziali dei mercati delle merci o dei mezzi di produzione.

Anzi, in Italia il consumo di suolo utile ha raggiunto livelli inimmaginabili.

I dati che emergono dall’edizione 2022 del Rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” a cura del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) sottolineano che con una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, il consumo di suolo è tornato a crescere nel 2021, sfiorando i 70 km2 di nuove coperture artificiali in un solo anno. Il cemento ricopre ormai 21.500 km2 di suolo nazionale, dei quali 5.400, un territorio grande quanto la Liguria, riguardano i soli edifici, che rappresentano il 25% dell’intero suolo consumato.

Tra il 2006 e il 2021 il Belpaese ha perso 1.153 km2 di suolo naturale o seminaturale, a causa principalmente dell’espansione urbana e delle sue trasformazioni collaterali che, rendendo il suolo impermeabile, oltre all’aumento degli allagamenti e delle ondate di calore, provoca la perdita di aree verdi, di biodiversità e dei servizi ecosistemici, con un danno economico stimato in quasi 8 miliardi di euro l’anno.

In questo contesto, il fu ministro per l’agricoltura, Ing. Patuanelli, aveva come unica direttrice della sua politica, l’installazione di impianti fotovoltaici sui terreni agricoli: forse qualcuno ha dimenticato di spiegargli che i pannelli solari, almeno quelli che conosciamo, sono indigesti al nostro apparato digerente.

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