COME SI FA A VIVERE SENZA SMEMORANDA

Sarà che per indole ci piace guardare al passato, aggrappati alle memorie di un vissuto formato nostalgia, ma è davvero complicato oggigiorno scoprire di marchi falliti, brand rimodernizzati, luoghi abbandonati e abbattuti, ricordi spazzati via come se non fossero mai esistiti.

E’ successo con Nokia, fallita nel 2015, con quel cellulare 3310 ancora impresso nella mente mia e dei miei coetanei. Con Kodak, capostipite di tutte le macchine fotografiche dal 1888, che nel 2013 ha deciso di cessare definitivamente la produzione di apparecchi fotografici, concentrandosi solo sulla fabbricazione di stampanti.

E ultima, in ordine cronologico, la Smemoranda, l’agenda più famosa d’Italia, il diario cult di intere generazioni; una vera e propria istituzione scolastica e non solo.

L’asta, tenuta pochi giorni fa a Milano per comprare il marchio e stabilire il suo futuro, è andata deserta, rendendo così ufficiale la fine e facendola sparire dai banchi di scuola. Lo scorso marzo, quindi meno di un anno fa, l’azienda aveva annunciato il fallimento e il gruppo Giochi Preziosi aveva tentato di risollevare le sorti dell’impresa: con un contratto di licenza, aveva preso in affitto il marchio Smemo per un anno, con l’impegno di occuparsi delle spese di realizzazione, produzione e commercializzazione di agende, astucci e zaini. Ma non è bastato. Per buona pace di 150 dipendenti, lasciati all’abbandono da un anno senza nessun tipo di preavviso.

La Smemoranda, vittima anche lei del fenomeno della digitalizzazione, si porterà nella tomba anni e anni di segretucci, cotte adolescenziali e sfoghi giornalieri. Erano talmente piene di roba che, dopo due mesi di scuola, quasi non si chiudevano più. Senza contare che fungeva anche da informazione e conoscenza: ti faceva scoprire artisti e giornalisti di ogni genere e ti stimolava alla riflessione, sensibilizzandoti con diverse cause sociali.

Non so, in tutta onestà, come facciano i giovani di oggi a non avere un diario su cui scrivere i loro caldi e istintivi pensieri, talvolta infantili ma ricchi di spontaneità. Un database intimo e personale da non condividere con chiunque. Se potessi, gli regalerei un quarto delle mie sensazioni vissute in tenera età, lontano da social, TikTok e tutti questi strumenti digitali tanto ricchi di funzioni quanto poveri di contenuti.

Termina un’era e ci racconteranno che il progresso non può essere fermato, che al cartaceo si preferisce l’elettronico. Sarà pure così, ma chissà se l’asta è andata deserta perché nessuno se l’era segnato in agenda…

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