COME IL MINISTRO ANDO’ A SBATTERE CON L’ALFA ROMEO MILANO

Adesso che ha spinto l’Alfa Romeo a cambiar nome al suo nuovo suv, il rigoroso ministro del made in Italy Adolfo Urso dovrà rimboccarsi le maniche e completare l’opera: in materia di automobili, c’è ancora molto da fare.

Breve riassunto della vicenda. A dicembre Alfa Romeo, storico marchio italiano, decide di chiamare Milano la sua ultima vettura: è il modo di rendere omaggio alla città dove l’azienda, anch’essa italianissima, ha avuto origine a inizio secolo scorso. L’auto, una compatta sportiva, sembra subito bellissima nonchè apprezzatissima dagli appassionati, ma ha un difetto, almeno per il ministero: è prodotta in Polonia. A Roma lo scoprono soltanto mesi dopo, a inizio aprile, il giorno dopo la presentazione: ognuno ha i suoi tempi.

‘Un’auto chiamata Milano non si può produrre in Polonia, altrimenti si dà un’indicazione fallace che non è consentita dalla legge italiana’, sostiene Urso, richiamandosi a una norma vecchia di vent’anni. E’ la legge che nel 2003 definì e vietò l’Italian Sounding, il modo di ingannare i consumatori indicando falsamente le origini di un prodotto. Fenomeno diffuso sui mercati esteri, specialmente nel settore agroalimentare, dove vengono richiamati con nomi vagamente italiani prodotti che nulla hanno a che vedere con l’originale (vedi il popolare Parmesan, venduto nei supermercati americani).

Dal formaggio alle auto, il passo è breve, almeno di questi tempi: non era mai accaduto, a ciascuno i suoi inediti. A differenza di Alfa Romeo, che diplomaticamente decide di cambiar nome alla vettura scegliendo Junior, il ministro Urso non potrà fermarsi qui: dovrà metter mano all’intera questione.

Intanto dovrà risistemare la legge: Italian Sounding non potrà certo sopravvivere sotto il governo Meloni che proprio un anno fa ha dichiarato guerra agli inglesismi. Poi, siccome ‘un’auto chiamata Milano si deve produrre in Italia’, bisognerà prendere provvedimenti contro quelle case automobilistiche che si sono permesse di dare nomi italiani a vetture nate altrove: sulle nostre strade circolano la Kia Sorento, che non risulta prodotta sulla costiera amalfitana ma in Corea, la Nissan Murano, costruita in Giappone e non nella Laguna veneta, e pure la coreana Kg Tivoli, realizzata da tutt’altra parte rispetto a Roma. E che dire della Ford che per anni ha proposto modelli chiamati con nomi di celebri località turistiche italiane come Cortina e Capri, o anche Torino in onore della Detroit d’Italia come la chiamavano gli americani, poi riaggiornata in Gran Torino, bellissimo coupé celebrato in un memorabile film da Clint Eastwood?

Quanto ad Alfa Romeo, la partita sembra chiusa, a meno che, a riaprirla, non sia l’annuncio dell’azienda di produrre la Stelvio nello stabilimento di Cassino: con l’aria che tira, chissà che non le venga contestato di non farlo in cima al valico alpino.

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