CIAO DARWIN, CIAO DONNE

Ciao Darwin e ciao coerenza. Fiumi di parole, interviste con personaggi più o meno conosciuti e talk show stucchevoli a nastro contro la volenza sulle donne buttati via in poche ore, e alla vigilia del 25 novembre.

Madre Natura, la sventolona che spunta dalle scale con la folla maschile urlante e sbavante è lo stereotipo peggiore che si possa non solo proporre ma persino pensare. Nel 2023 siamo ancora qui a sognare la donna bellissima, perfetta e irraggiungibile.

Passi per i tanti spot ancora incentrati su questo modello di femme fatale – almeno lì le regole sono chiare, si fa per vendere -, diverso è per una tv generalista che parla a milioni di persone. Siamo molto lontani, caro Piersilvio e caro Paolo Bonolis, dai programmi simili, come “Drive In” del lontano ‘83, che aveva comunque innovato come format e che, negli anni edonistici della Milano da bere, aveva introdotto con leggerezza e ironia la sensualità fino ad allora un tabù sulle reti nazionali. Altri tempi e altra sensibilità.

Oggi se fai un palinsesto a intermittenza, un po’ per l’audience pecoreccia e un po’ per quella raffinata, dimostri che non hai le idee chiare e la gente se ne accorge. E’ come se a “Uomini e Donne” o a “Temptation Island”, altre trasmissioni simbolo di una certa linea, i vari opinionisti si mettessero a disquisire finemente sulle origini dei femminicidi, invece che parlare degli abboccamenti dei partecipanti in cerca di relazioni più o meno sentimentali.

Manca sempre il coraggio di fare delle scelte nette nei momenti che contano. Mettere in onda un programma così trash e maschilista a ridosso di una ricorrenza tanto sentita è come graffiare la lavagna con le unghie, ti corre una scossa elettrica e fastidiosa sulla pelle.

Qualcosa non va, non posso credere che gli strateghi dell’emittente di Cologno non ci abbiano pensato. Vale ancora l’idea sdrucita che dobbiamo distrarre il popolo dandogli un (greve) intrattenimento, anche quando va esattamente al contrario di ciò che la stessa gente sente? Non è venuta l’ora di schierarsi davvero a favore di certe cause trasversali, magari a reti unificate intendendo pubbliche e private, per dare anche solo la sensazione di fare qualcosa di buono davvero?

La credibilità e la coerenza sono valori che alla lunga pagano, e se gli altri non riescono a prendere le decisioni giuste, allora facciamolo noi. Non solo abbiamo ancora il potere del telecomando ma, soprattutto, abbiamo una testa da usare, per promuovere comportamenti migliori e per utilizzare le parole necessarie a favore di campagne fondamentali, proprio come quella contro la violenza sulla donna. A cominciare dallo stigmatizzare e prendere le distanze da esempi osceni di cui sopra.

Poco? Certo, ma è un inizio.

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