Quando, appena compiuti solo 60 anni, mio padre Renzo capì che in pochi mesi un tumore ai polmoni avrebbe interrotto la sua vita, scrisse qualche lettera di ringraziamento a Dio per l’esistenza (molto dura) che aveva avuto, per la famiglia che stava lasciando, per le bellezze di cui aveva goduto in questo mondo. Le consegnò a Suor Silvana, che lo assistette con devozione e amore durante il cammino finale in clinica: lei ce le consegnò qualche tempo dopo il funerale, non ne eravamo a conoscenza.
Credente e praticante, papà aveva ripetuto spesso a me e alle mie sorelle che “la religione cristiana è fondata su qualcosa di molto solido e concreto, perché resiste da duemila anni alla Chiesa”.
Eppure, come Renzo, io e la mia famiglia abbiamo avuto la fortuna di incontrare uomini e donne con la tonaca di uno straordinario valore, persone di anima e cuore, profondamente convinte dei propri voti: missionarie, esorcisti, infermiere, parroci, persino qualche vescovo.
Nel mio incosciente slancio di volontariato nei campi profughi kosovari in Albania, nel 1999, conobbi Renato, un espatriato di ruolo del Cesvi di Bergamo: capelli e barba lunga, comunista irriducibile, ateo e blasfemo. Mi disse un giorno: “Quando torni in Italia, la donazione dell’uno per mille della dichiarazione dei redditi destinala alla Chiesa cattolica, perché ho incontrato più gente di trincea tra loro che tra laici e agnostici come me”.
Preti e suore. Uomini e donne anche loro, con pregi e molti difetti, virtù e debolezze nonostante la vocazione. Sono soldati semplici. Per quanto vicini a Cristo, spesso si rivelano incapaci di sfuggire a tentazioni, deviazioni, colpe, peccati. A perversioni, come sappiamo.
L’istituzione della Chiesa, il quartier generale, il centro di comando, è invece tutt’altro emisfero. Ai piani alti si decide a tavolino, scientemente, freddamente, non sempre – quasi mai, forse – attenendosi alle Scritture. L’unico Verbo cui si ispirano è il loro, motivo per cui appunto la religione cristiana è solida: perché prosegue il suo cammino “nonostante”…
Mio padre Renzo e il volontario Renato mi sono venuti in mente in un lampo quando ho letto ciò che sta accadendo a Capri, tra ville, yacht, hotel di lusso e traghetti quotidiani per turisti occasionali. Dunque sull’isola dove Axel Munthe, scrittore psichiatra svedese, visse e costruì la Villa San Michele che ispirò la sua autobiografia romanzata, sono partite in questi giorni una decina di ingiunzioni destinate a famiglie a basso reddito e associazioni impegnate in attività sociali. Il mittente degli sfratti avrebbe in mente di trasformare quelle abitazioni in B&B: può farlo, è il proprietario, che quegli immobili ha ricevuto in dote grazie a donazioni private e che in alcuni casi sorgono in zone particolarmente pregiate, come la Piazzetta o Marina Grande. Tra gli sfrattati ci sarebbero una lavoratrice con a carico due figli minorenni e una cooperativa di volontariato tra le più attive della zona.
Scusate, mi ero dimenticato della notizia più importante: la proprietà degli immobili è la parrocchia di Santo Stefano, cui l’Unione Nazionale Consumatori si è rivolta con una lettera di supplica indirizzata a don Pasquale Irolla. L’UNC ha fatto presente al sacerdote che non solo la situazione economica estremamente precaria degli affittuari renderebbe molto complicata la loro ricollocazione, ma anche e soprattutto ha evidenziato il momento storico in cui la maggior parte dei proprietari sull’isola sta investendo in B&B, penalizzando i residenti a favore dei turisti.
Il mio amico Diego, attore, da anni fa questa battuta: “Basterebbe che la Chiesa pagasse l’Imu per sanare il deficit nazionale…”. Ma chissà, forse avvicinandosi il Natale la curia di Capri ha pensato proprio a Giuseppe e Maria: se quella notte a Betlemme avessero trovato almeno un Bed and Breakfast, visto che gli hotel erano pieni, non avrebbero dovuto arrangiarsi al freddo di una capanna.
Calzante, comprensibile e estremamente preciso come sempre Luca.
Un Caro Saluto.
domentod