CHIAMATE LA NEURO: RAMPELLI VEDE COMUNISMO NEL ROSSO DI NATALE

Neanche le sedute psicanalitiche più sofisticate riusciranno mai a spiegare che cosa si agiti nell’animo – e nel cervello – dell’onorevole Fabio Rampelli, casacca Fratelli d’Italia, meloniano senza essere parente stretto, uno dei pochi.

Già noto alla popolazione italiana per la battaglia contro il ritratto di Napoleone fuori dal suo ufficio di vicepresidente della Camera, ritratto che sta lì da una vita e che nessuno si è mai sognato di considerare eversivo, il prestigioso rappresentante delle istituzioni alza il tiro per Natale. Nel suo mirino l’albero allestito in piazza del Campidoglio. Il suo messaggio social trasuda impegno civile e vigilanza democratica: “INCREDIBILE MA VERO (maiuscolo come si deve all’indignazione per le cause più impegnative). Solo la Città metropolitana di Roma, governata dal Pd, poteva scegliere una stella rossa al posto di un puntale, una sfera di cristallo, una stella d’argento o d’oro, un fiocco. Chissà quale illuminato dirigente avrà scelto questo tocco ‘d’originalità’. Manco a Mosca ai tempi dell’Unione sovietica”.

Povero. Basta poco per immaginare che razza d’inferno sia il Natale di Rampelli. Il rosso è certo il colore dominante del comunismo, ma resta pur sempre anche il colore allegro e vivace degli addobbi di tutte le latitudini. Immaginabile da un punto di vista umano il tormento di quest’uomo, di questo leader politico, quando in questo periodo infernale esce di casa. O magari già dentro casa, sempre che in famiglia non gli vengano incontro e per non alterare il suo fragile equilibrio gli evitino la pasta al pomodoro e gli addobbino il salotto di nero, anche correndo il rischio di vedersi suonare da qualche vicino per le condoglianze, scusi sa se le sembro invadente, ma chi è venuto a mancare, comunque vi siamo vicini, per qualunque cosa non esiti…

Nella strana storia dei colori in politica si credeva di aver visto tutto con l’armocromista che dall’altra parte vuole mandare a casa la destra spendendo 300 euro a seduta. Non era così. Hanno una fantasia inesauribile. Inutile chiarire che la stella dell’albero non ce l’ha messa un bieco stalinista, ma la normale azienda privata che cura gli addobbi cittadini. Inutile perchè tanto ai Rampelli non la danno a bere. Lui è della scuola che appena vede rosso parte in quarta e perde il controllo: non solo la scuola dei tori, soprattutto quella di una cultura politica che credevamo defunta con l’arrivo della repubblica e della democrazia, ma anche con l’epopea di Peppone e don Camillo.

Niente, il tempo è passato invano. I Rampelli non si schiodano da lì. Silvio, da lassù, sarà fiero di lui, l’ultimo a raccoglierne l’eredità e a fiutare comunismo ovunque esso di annidi, anche in cima all’albero di Natale. Da qui in poi, tutto è possibile: persino che Rampelli porti in Parlamento la battaglia contro il rosso natalizio. Non c’è niente da ridere: a parte le questioni che davvero ci riguardano, ormai portano in Parlamento di tutto. Ci hanno portato pure Rampelli.

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