CHI E’ IL PERDENTE TRA SARRI E DE LAURENTIIS

Disse Winston Churchill: “Ho dato le dimissioni ma le ho rifiutate”.

Perfetto ma poco praticato nella zona football, specialmente in serie A. Il caso Sarri diventa lo straordinario evento, come direbbe il suo presidente dedito alla lingua di Cicerone, l’allenatore si è chiamato fuori “sua sponte coacta”, spontaneamente costretto dal giro laziale, spogliatoio, presidente, tifosi e quella grande bellezza di Roma che si affascina per gli special one e i sarriball e poi li butta al Tevere, secondo usi de noantri.

Ma ciò che spiazza davvero è il commento del presidente del Napoli, De Laurentiis Aurelio, il quale ha definito la scelta di Sarri quella di un perdente. L’imprenditore cinematografico ha un altissimo concetto di coerenza e di dignità, lui medesimo è l’esempio che da perdente, anche tra i grandi produttori di film, sa tirare diritto, fottendosene di chiunque, allenatori, calciatori, dirigenti, giornalisti, emittenti radio televisive, che, a confronto, Donald Trump è un dilettante, una giovane marmotta.

Non c’è una sola parola del presidente del Napoli che non crei sconcerto, non tanto per l’eventuale verità o sapienza del detto, ma per l’assoluta maleducazione di postura e di frasario, per quel pensiero libero che non è mai un libero pensiero, come conferma l’intervento su casi altrui, Sarri appunto di cui lui presume di avere lo ius primae noctis, come per altri del resto, sminuendo una decisione dignitosa tra mille comportamenti mercenari.

Enzo Biagi disse che se Berlusconi avesse avuto le tette avrebbe fatto la presentatrice dei programmi di Fininvest, si può trasferire lo stesso aforisma a De Laurentiis Aurelio, il quale, se avesse un fischietto farebbe l’arbitro, se avesse un pallone farebbe il calciatore, se avesse una panchina farebbe l’allenatore. Se avesse un’ipotesi di educazione, starebbe zitto. Come nel cinema muto. Ciak e lui si gira.

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