C’E’ BOLLANI IL FUORICLASSE, IN RAI SI SONO DISTRATTI

di JOHNNY RONCALLI – Non si spiega, non è previsto, non è catalogabile. Uno che va in TV e fa esattamente quello che sa fare meglio: suonare, spiegare la musica, divertire, appassionare.

Infilato lì in un angolo, dove non lo si scorge se non si è un po’ curiosi, tra le otto e un quarto e le otto e quarantacinque su Raitre, dove non si sa mai bene cosa ci sia a quell’ora. Blob, forse, o Bollani.

Bollani, sì, Stefano Bollani, uno bravo, in qualche modo famoso, molto famoso, che non balla con le stelle ma con le note, con il pianoforte, con qualunque aria, melodia, accordo gli capiti a tiro.

Bollani è un’inspiegabile anomalia nella televisione italiana. 49 anni, pianista di fama mondiale, cosa suoni non importa a nessuno, nel senso che lui fa jazz, sì, ma anche classica, pop, rock, samba, bossa, fado, tango, tarantella, neomelodico, polka, marcette, mi fermo. Io mi fermo, ma lui no, riparte col syrtaki, la chanson française, un po’ di flamenco e qualche accenno orientaleggiante.

Gioca Bollani, il joue, he plays non a caso direbbero i francesi e gli anglosassoni, quando suona su un palcoscenico e quando suona in TV, saltimbanco tra le note, gli accordi, le armonie, i generi, le stagioni. Una meravigliosa sensazione di libertà non condizionata, ci si diverte e si impara con Bollani. Non che lui sia lì per insegnarti qualcosa, lui suona, gioca, fa accostamenti, ti ricorda che quella sensazione di mistero in quel finale è grazie a quel diesis, ti ricorda che se vai in Portogallo e ti pare di sentire una tarantella in fondo non è perché hai bevuto troppa Ginjinha, è che tra Lisbona, Coimbra e Napoli la distanza non è poi granché.

Da qualche settimana Bollani è tornato in TV, con la moglie Valentina Cenni, apparentemente un binomio rischiosissimo, marito e moglie. Eppure funziona, funziona tutto, come al solito quando c’è Bollani in TV, a partire dal nome della trasmissione, “Via dei matti numero Zero”, impagabile omaggio a Vinicius de Moraes, autore della canzone “La casa” dalla quale è tratto il verso che dà il titolo al programma, e a Sergio Endrigo, interprete della canzone medesima in un disco memorabile che univa i nomi citati con Sergio Bardotti, Luis Bacalov e Giuseppe Ungaretti, nientemeno. Che tempi, tempi nei quali Achille Lauro ancora non era nato, eppure tempi nei quali Achille Lauro – l’originale – ancora era in vita. 1969, per la cronaca, annus mirabilis per la musica in giro per il mondo.

Bollani, che spasso Bollani, saltimbanco meraviglioso che ti spiega mentre si diverte, che non conosce barriere tra i generi, che spernacchia i musoni integralisti della musica classica, che con un demiplié delle nocche ti spiega che Mozart un orecchio teso alla musica napoletana e alla tarantella poteva anche averlo. Ma non diciamolo ai parrucconi, s’irrigidiscono, il divertimento è vietato, a costo di essere oscurantisti, peggio di padre Jorge ne “Il nome della rosa”.

Ma Bollani è così, gioca, capace che se gli rifili un pianoforte giocattolo a lui non importi, t’improvvisa una ninna nanna, poi la marcia degli elefanti del libro della giungla e di lì a poco attacca col requiem di Mozart, e riesce a convincerti che in fondo è musica, anche con la M maiuscola, certo, l’una l’altra e quell’altra.

Io non so che santi abbia in RAI Bollani, ma poco mi importa, m’importa che ci rimanga, e a lungo. È un patrimonio unico e privarsene sarebbe solo stupido, insensato, in un mondo migliore sarebbe in prima serata così com’è, senza arsenico e vecchi merletti, a divertirci e renderci migliori.

No, non è ancora tempo di sparare sul pianista.

 

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