CARO DON CARRARA, MA L’EUTANASIA MI APRIRA’ LE PORTE DEL PARADISO?

Caro Don Alberto Carrara, avrai letto questa notizia: “Sono morti a 93 anni, stringendosi la mano perché, malati da tempo, hanno scelto di ricorrere all’eutanasia. Se ne sono andati così l’ex premier olandese Andreas Antonius Maria van Agt (detto Dries) e sua moglie Eugenie van Agt-Krekelberg, cattolici che però hanno preferito la ‘dolce morte’ a una lenta agonia. A dare la notizia è stata The Rights Forum, l’ong con base ad Amsterdam che si occupa di diritti umani, fondata proprio dal politico nel 2009″.

La mia domanda è molto semplice: saranno accolti nel regno dei cieli? A sentire la Chiesa, da sempre, l’opposizione all’eutanasia è totale: non sta a distinguere tra terminali, immobilizzati, gravi, gravissimi eccetera. La Chiesa è contro, punto. Del resto anche il dibattito politico e culturale in Italia, laico o no, dura da un’eternità e non è mai addivenuto a una conclusione di sorta sul da farsi. Su un pensiero comune.

Ti scrivo questa lettera e ti chiedo una risposta, da credente, per due motivi. Il primo è che di fronte a certi casi mi interrogo sempre su cosa farei se succedesse a me. E mi rispondo sempre che supplicherei il perdono di Dio, scegliendo la dolce morte. Il secondo è che forse fu proprio quello di Gesù Cristo il primo caso eclatante di eutanasia della storia. Riguardo a quest’ultimo punto, tieni presente che io ho sempre “aperto” alla famiglia anomala, perché proprio la religione in cui credo struttura la sua fondatezza su una famiglia anomala: un bimbo nato dal nulla, una madre vergine e un padre muto, consenziente, rassegnato all’amore (che gli procura giustamente la santità). Obietterai sul “rassegnato” rispetto all’amore supremo che gli fa accettare la situazione pur di stare a fianco di Maria, e sono d’accordo, ma ho già riconosciuto come questo sia valso a Giuseppe l’elevazione da semplice falegname silenzioso a santo.
Perché, per me umile peccatore ignorante, Cristo fu il primo caso di eutanasia? Perché non si ribellò alla morte, anzi si lasciò uccidere, mentre sappiamo bene che avrebbe potuto schivare l’esecuzione in mille modi. Mi dirai: bisognava dimostrare – attraverso la resurrezione – la vittoria sulla morte: bene, ma lo avevamo già visto con Lazzaro… Gesù ci sarebbe servito predicasse in giro per il mondo qualche altro anno, oltre ai suoi 33, ma così fu deciso e così si compì.
Il problema è che al figlio di Dio fu dato di sopportare non solo e non tanto la morte, ma soprattutto la flagellazione, per un disegno divino che non ci è chiaro comprendere ma che accettiamo. E infatti – quando parliamo di eutanasia – noi terreni in realtà è della flagellazione che parliamo, non della crocifissione. Perché non è dalla morte che fuggiamo, credendo nella resurrezione, ma dalla sofferenza che ci infligge la natura, la malasorte, la malattia insomma.
Chiunque si sarebbe arreso, chiunque sarebbe scomparso fisicamente e mentalmente sotto quel massacro fisico, ma lui era Gesù, noi no. E quindi: saremo accolti in paradiso, noi che scegliamo l’eutanasia? Con affetto.

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