BISOGNERA’ CHIAMARLA PREMIERA

Prima ancora dell’emergenza bollette, la vera priorità italiana è già sul tavolo: come definire la Meloni. Nei tempi allegri del politicamente corretto, del MeToo, delle quote rosa, della parità di genere e di tutto l’armamentario lessicale a seguire, prevedibile e inevitabile che la prima donna a capo del governo ponga questa immane questione. Puntualmente, a poche ore dall’insediamento, persino in anticipo sul rituale passaggio della campanella con Draghi, è difatti già esplosa.

Tutti i media riferiscono che i primi comunicati ufficiali usano la formula “il premier Meloni”. Va bene o non va bene? Al netto di quelli cui proprio non importa un fico, magari la maggioranza, siamo alle solite: spaccatura tra cinquanta e cinquanta. Ci sono quelli boldriniani che esigono subito l’articolo femminile, “la” premier, se non un diretto e inequivocabile “la premiera”, che sa molto di partita a scopa, eppure rappresenterebbe il vero trionfo della nuova emancipazione, a colpi di vocabolario. L’altra corrente è quella ortodosso-grammaticale, che chiarisce come a rigore di regola si possa tranquillamente dire “il premier Meloni”, in quanto formula impersonale e asessuata.

Come andrà a finire? Nessuna sorpresa che finisca con il neologismo “premiera”, anche per marcare forte i passi da gigante della nostra civiltà. Ma intanto è consolante che l’Italia, prima di tante fregnacce come il gas, la guerra, l’inflazione eccetera, si concentri subito sulle questioni vere. Siamo gente seria, è nei momenti difficili che diamo il meglio. Andrà tutto bene, anche stavolta.

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