SORELLA INFLUENCER

“Oltre quaranta suore da tutto il mondo si incontrano a Roma per imparare a diventare influencer nel meeting organizzato dall’Unione delle superiore maggiori d’Italia. Alle suore sarà insegnata la comunicazione on line, le “opportunità di partecipazione, di racconto e di rappresentazione” dei social, ma anche come realizzare meme, video e podcast”.

Questa la notizia. L’evento fa notizia per tanti motivi. Ma soprattutto, è ovvio, perché appare passabilmente sorprendente l’incontro fra suore e il mondo di internet. Sorprendete, sì, ma fino a un certo punto.

Da notare che l’evento è organizzato “dall’alto”. Tanti altri eventi simili hanno avuto luogo, ma questo si porta appresso un tasso significativo di ufficialità. Sono, appunto, le superiore maggiori d’Italia che organizzano. Se si vuole fare un paragone clericale, si deve notare che non si hanno molte notizie di vescovi che organizzano corsi di aggiornamento di questo tipo per i loro preti. Tra i preti, diciamo così, prevale un modesto artigianato locale: ci si arrangia da sé. Qualcuno diventa un drago di diavolerie internet, qualcuno non sa cos’è una mail. E tutti vissero felici e contenti.

Poi, ancora, a monte, c’è il dato più scontato ma anche il più importante: l’iniziativa viene dal mondo femminile della Chiesa. In questo caso, le donne “vedono più in là” e si accorgono che nella Chiesa non basta più – e non serve molto – costruire ospedali, chiese, oratori che la Chiesa “mette a disposizione”. Ma piuttosto: andare a farsi presente nei luoghi che sono già a disposizione di tutti. E il “luogo” più accessibile, la “piazza” più vasta e più abitata, è quella della rete. Si tratta, insomma, di passare dai muri pesanti delle strutture alle barriere leggere della parola e delle immagini.

Non è un passaggio difficile, di per sé. Ma lo diventa perché bisogna cambiare se stessi, più che le cose. Deve cambiare la testa e questo è il cambiamento più impegnativo. Mi sembra che sia possibile ipotizzare che le donne, le donne nella Chiesa, sono più capaci di cambiare, più dei maschie e, nella fattispecie, dei preti: questi, più legati dalle strutture di cui sono i responsabili, faticano a cambiare, appesantiti da quello che devono tirarsi appresso.

Immagino facilmente l’obiezione. Non tutte le suore sono così. Certo. Ma i piccoli segni, piccoli e difficili da leggere, sono quelli che, dal loro angolino che nessuno vede, danno il là alle grandi novità. Nessuno se ne accorge adesso. Forse se ne accorgeranno in futuro. Le grandi rivoluzioni, all’inizio, sono sempre piccole.

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