BASTA CROCI: SE IL POLITICAMENTE CORRETTO CONQUISTA LE CIME

Onestamente, non vi so dire se il direttore abbia chiesto a me di commentare questa cosa del CAI e delle croci di vetta perché sono un alpino, perché sono un montagnino o, più semplicemente, perché sono uno che si arrabbia con una certa facilità. Fatto si è che me l’ha chiesto e io ho accettato con entusiasmo. Perché questa storiaccia mi sembra, da un lato, la metafora di una certa italianità, che, ve lo confesso, detesto quasi quanto il caldo e le zanzare. Dall’altra, invece, mi pare lo specchio dei tempi in cui viviamo, tutti pregni di meraviglie apparenti e di porcherie sostanziali, mascherate da gesti di suprema logica e bontà.

Ma andiamo con ordine. Tutto nasce da una dichiarazione apparsa su “Lo Scarpone”, storica testata del Club Alpino Italiano, meglio detto CAI, in cui si diceva che impiantare nuove croci di vetta è un’operazione anacronistica e poco ecumenica, anzi discriminante per chi cristiano non sia: il concetto è stato ulteriormente approfondito in una presentazione libraria sulle croci di vetta in Appennino ed è lì, bello chiaro, da leggere. Capito bene? Nessuno ha scritto di voler togliere le croci preesistenti, ma solo di non volerne mettere di nuove: il che è una stupidaggine bella e buona, ma va dato a Cesare quel che è di Cesare e attribuirgli ciò che è di Pompeo pare poco carino.

Alcuni politicanti, sempre in cerca di casse di risonanza per le loro asfittiche esternazioni, hanno subito colto la palla al balzo, montando un cinema clamoroso: le croci non si toccano, giù le mani dai sacri simboli della nostra civiltà e consimili epifonemi, a rullo di tamburo. Quando la questione è arrivata ai social, è esploso il finimondo. Tralasciamo i soliti schieramenti da stadio: croci sì, croci no, croci forse. Il botto è stato bello forte, perché, vista all’orizzonte la minaccia di una depilazione definitiva delle principali cime alpine ed appenniniche, il popolo delle montagne è subitamente insorto e ha, metaforicamente parlando, preso falci e forconi.

Ai vertici del CAI, evidentemente, non ci sono più Quintino Sella o Guido Rey, ma onestissimi quanto timidissimi dirigenti che, vista la mala parata, hanno fatto il più imbarazzante dei dietrofront: togliere le croci, moi? Mai detto nulla del genere! Poco è mancato che il presidente in persona imbracciasse una croce e si facesse a piedi la Baeckmanngrat per piantarla personalmente in cima alla Thurwieser. Insomma, si sono resi conto di averla fatta fuori del vaso: e, in effetti, questa boutade sulle croci di vetta obsolete e divisive potevano proprio risparmiarsela.

Perché le croci di vetta non sono un simbolo religioso, ma morale: oltre ad essere un punto di riferimento geografico e goniometrico, sono un’immagine cara a migliaia di alpinisti ed escursionisti, il segno della loro fatica e dei loro ricordi. E non si devono cancellare, come non si dovrebbero cancellare tutti i valori della nostra terra, sull’altare di un orrendo ed invasivo meta-relativismo d’accatto. E non è vero che un non cristiano se ne sentirebbe escluso: la verità è che a un non cristiano non fregherebbe nulla di arrivare in cima e trovarci una croce di vetta.

Chi prova fastidio sono le vestali del politicamente corretto, che sono più realiste del re, e anche più moleste delle zanzare: questi valletti della Cancel culture, tremebondi e proni, di fronte a una dottrina propalata da quattro gatti invasati e che rischia di sbriciolare il mondo che abbiamo costruito in millenni di civiltà.

E basta, per la miseria! Ora che perfino il CAI, ovvero un’associazione nata da presupposti elitari ed aristocratici e tenuta in vita da tanta brava gente, perbene e senza troppi grilli per la testa, si mette a fare il politicamente corretto, mi viene da dire, da alpino, da montagnino e, soprattutto, da quello che si arrabbia facilmente, che la misura è colma. Che non voglio che qualcuno metta le sue sporche manacce sul mio mondo: che le croci stanno bene dove stanno, come sul mio cappello sta benissimo la mia penna, nera e diritta. E mi dispiace per le penne grigie, verdoline o rosa, per quelle mosce, storte o alla rovescia. Si sentiranno esclusi lorsignori? Possono benissimo andare in un bell’alberghetto al mare. Magari all inclusive, tanto per non sbagliarsi…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *