ANCHE IL MEDICO FUMATORE VA COMPATITO

Fino a qualche tempo fa, nel mio moralismo un po’ rigido, reputavo un medico fumatore come necessariamente un cattivo medico. Soprattutto se fumasse davanti ai suoi pazienti o, comunque, mostrasse loro prove evidenti della sua abitudine.

Ora: certamente è vero il ruolo decisivo dei medici nella lotta al tabagismo. Essi in questo ambito sono opinion-leader e secondo alcune indagini se per prodigio tutti i medici smettessero di fumare, questo avrebbe una potente e decisiva ricaduta sulla popolazione globale. Tuttavia, devo riconoscere quanto dietro alla mia convinzione si celi superficialità, oltre alla mia indole moralista e un po’ censoria. Solo poco tempo fa ho avuto un’intuizione, pure banale, ed ho cambiato opinione.

La bravura di medico c’entra meno di quanto credevo con la possibilità di smettere di fumare. A svolgere un ruolo davvero decisivo non è la competenza professionale, ma la percezione personale e soggettiva di quanto una determinata attività sia alla nostra portata. Sebbene milioni di persone nel mondo abbiano smesso di fumare, da sole o con supporti medici e psicologici di vario tipo, è indubitabile che alcune persone, quale che sia il loro livello culturale, nel profondo abbiano la convinzione di non essere in grado di smettere di fumare, E’ questo ciò che fa la differenza.

Il discorso ovviamente è allargabile a una serie di altri comportamenti.

Nel campo delle dipendenze, ma non solo, occorre un lavoro preliminare per aiutare le persone a percepire come fattibile ciò che nel loro profondo avvertono come impossibile da realizzare. Bisogna modificare la percezione delle forze in gioco, riconoscere le proprie risorse come maggiori degli ostacoli e valutare meno proibitivi i traguardi da raggiungere. Facile, no?

Un pensiero su “ANCHE IL MEDICO FUMATORE VA COMPATITO

  1. Cristina Dongiovanni dice:

    C’era una volta un chirurgo grande fumatore che un giorno operò mia madre salvandole la vita. Io ero in corridoio, molto preoccupata. Lui uscì e mi sorrise poi, vedendomi visibilmente provata, mi rassicurò sul buon esito dell’intervento e mi fece entrare in un ufficio in fondo al corridoio. Si accese una sigaretta e me ne offrì una. Sto parlando di circa 30 anni fa, io fumavo ancora e parlando tranquillamente con quel dottore fumai la sigaretta più rilassante di tutta la mia vita. Quel momento, indelebile, mi ricorda ancora oggi cos’era per me la sigaretta, me lo ricorda con tenerezza e con profonda comprensione. Era una consolazione, un’amica che mi dava sicurezza durante l’adolescenza e consolazione quando divenni adulta. Ho smesso di fumare vent’anni fa e ne sono felicissima. Ma, e qui viene il bello, un paio di anni fa ho subito una delusione umana per me enorme, un evento che mi ha scavato l’anima, che mi ha distrutta. L’amarezza dura tutt’oggi, la gestisco ma fa ancora male. Nei giorni bui ho ripensato alla sigaretta, mi sono ancora immaginata con quella cosetta fumante tra le dita, ho riamato l’odore, la sensazione di sicurezza che mi dava, come fanno gli adolescenti. Un vizio può venire da un posto così profondo che riuscire a togliere tutte le sue radici ed estirparlo per sempre può essere veramente un’impresa titanica. Non ho ripreso a fumare, ma anche in questo momento ho idealmente in bocca la mia sigaretta.

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